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‘And Now the Great Day Had Come, the 14th of May, 1865!’: Anna Vivanti-Lindau e il seicentenario dantesco*

ABSTRACT

Nel 1865 la letterata tedesca Anna Vivanti-Lindau lascia la sua abitazione londinese per compiere un viaggio nel Mediterraneo assieme al marito Anselmo. Tappa fondamentale del tour è Firenze, dove la letterata, grande estimatrice di Dante, si reca con l’intento di assistere alle celebrazioni del seicentenario dantesco. Nel suo resoconto di viaggio A Journey to Crete, Costantinople, Naples and Florence. Three Months Abroad, Vivanti-Lindau rievoca il soggiorno fiorentino, offrendo un report del festival dantesco. Riflettendo la ricezione ottocentesca politico-risorgimentale di Dante, ella individua nell’autore della Commedia il padre e profeta dell’Unità italiana e, insieme, il simbolo di una libertà che andava oltre i confini del territorio italiano. Il presente contributo propone una lettura analitica delle pagine del Journey dedicate al seicentenario, contestualizzandole nel quadro della fortuna ottocentesca di Dante nel periodo in cui si muove Vivanti-Lindau, con particolare attenzione alla ricezione britannica del poeta negli anni a cavallo dell’unificazione italiana.

Introduzione

‘[A] strange little lady, ugly, deformed, but full of life and spirits’, ‘married to an Italian and […] an ardent admirer of Dante, whose poetry she knows by heart’,Footnote1 così, in una lettera alla sorella datata 24 dicembre 1868, Jenny Marx, figlia di Karl, descrive la letterata tedesca Anna Vivanti-Lindau: nel nome di Dante.

Madre della più nota scrittrice Annie Vivanti, Vivanti-Lindau nasce a Magdeburgo nel 1828, in seno all’aristocratica famiglia Lindau, e viene educata in Germania assieme ai fratelli Paul e Rudolf, con cui condivide la passione per la letteratura, in particolare quella italiana.Footnote2 Durante un soggiorno in Svizzera incontra l’esule italiano Anselmo Vivanti, perseguitato dal governo austriaco per la sua partecipazione ai moti risorgimentali. I due decidono di trasferirsi insieme in Inghilterra. Si sposano a Londra nel 1856 e vi abitano fino al 1873, quando si stabiliscono a Milano, nel neonato regno d’Italia, dove Vivanti-Lindau muore sette anni dopo, stroncata da tubercolosi.

Autrice di alcuni racconti e traduzioni dei versi di Geoffrey Chaucer e di un racconto di Edgar Allan Poe,Footnote3 durante gli anni londinesi, la letterata tedesca mette su un salon culturale che riunisce artisti, intellettuali, e anche esuli politici. Nella prefazione all’opera lirica di Annie Vivanti, Carducci ritrae Vivanti-Lindau come una ‘signora culta, e che scrivea versi, in tedesco ed in inglese, soavi e calmi’, da cui ‘[i]n Londra andavano a conversazione […] poeti e critici della patria tedesca’.Footnote4 Se il salone ospitava soprattutto esuli tedeschi, come suggerisce Carducci, è assai probabile, data la fitta frequentazione di Anselmo con connazionali emigrati come lui nella capitale inglese, che vi partecipassero anche esuli italiani. Ma il salon accoglieva anche intellettuali inglesi. In una lettera del 26 marzo 1870 a Ludwig Kugelmann, Karl Marx, che diventerà in seguito amico personale della letterata tedesca, a cui farà dono di una copia autografa del suo Misère de la Philosophie, fa riferimento agli incontri tenuti in casa di ‘Madame Vivanti’ e, in particolare, alla ‘great assemblée’ cui la figlia Jenny partecipa, riportando ‘a brilliant success with Shakespearean recitation’, dove presenziano ‘a number of English people’.Footnote5 Ōmura menziona, in generale, l’‘interessante Atmosphäre’Footnote6 che regnava in casa Vivanti. Tra i vari argomenti di discussione del salon non poteva mancare il nome di Dante, in quegli anni oggetto di una rinnovata, cospicua attenzione, critica e popolare, particolarmente viva in Inghilterra. Il poeta era oggetto di ammirazione da parte di entrambi i coniugi Vivanti; Annie Vivanti ricorda che da piccola la madre le parlava di Dante, recitandole i suoi versi.Footnote7 Non sorprende che nella primavera del 1865 i due coniugi decidano di recarsi nella neonominata capitale d’Italia, Firenze, per assistere alle celebrazioni del seicentenario della nascita del poeta.

Nel suo resoconto di viaggio, costituito da numerose tappe e intitolato A Journey to Crete, Costantinople, Naples and Florence. Three Months Abroad, Vivanti-Lindau rievoca il soggiorno fiorentino, offrendo un vero e proprio report del festival dantesco. Riflettendo la ricezione ottocentesca politico-risorgimentale di Dante, il Journey della letterata tedesca individua nell’autore della Commedia il padre e profeta dell’Unità italiana,Footnote8 e, al contempo, il simbolo di una libertà che andava oltre i confini del territorio italiano, il cui unico erede, come da lei significativamente specificato, non può che essere Giuseppe Garibaldi.

Il presente contributo propone una lettura delle pagine del Journey dedicate al seicentenario, contestualizzandole nel quadro della fortuna ottocentesca di Dante nel periodo in cui si muove Vivanti-Lindau, con particolare attenzione alla ricezione britannica del poeta negli anni a cavallo dell’unificazione italiana.

Dante nell’Ottocento europeo: la ricezione tedesca e britannica, il ritardo italiano

Una tedesca di nascita e formazione, trasferitasi nel vivo della cultura vittoriana inglese, Vivanti-Lindau si inserisce perfettamente in quella ‘Anglo-German connection’Footnote9 che definisce in modo sostanziale la fortuna di Dante nell’Ottocento, trovandosi nella temperie temporale e geografica più incline ad apprezzare, finanche esaltare, l’opera dantesca. Non è un caso che siano proprio la Germania e l’Inghilterra, prima ancora dell’Italia, a fornire le prime edizioni e annotazioni critiche della CommediaFootnote10 e che le prime società dantesche al mondo siano quella tedesca, la Deutsche Dante-Gesellschaft fondata da Karl Witte nel 1865, e quella inglese, fondata a Oxford nel 1876 – quella Italiana dovrà aspettare il 1888.

Nel 1847, l’abate Pietro Mugna scrive sul Caffè Pedrocchi:

Se ogni secolo ha il suo autor favorito, pare che questo nostro abbia preso Dante a speciale oggetto di studi. Egli è certo che non ne fu un altro in cui Dante fosse, in Italia e fuori, cercato tanto e ammirato.Footnote11

Lo scopo dell’articolo di Mugna, intitolato ‘Dante in Germania’,Footnote12 è quello di sottolineare, nella fattispecie, il contributo fondamentale apportato dagli studiosi tedeschi alla causa dantesca, segnalando il fervore della critica straniera intorno all’opera dantesca, anche a dispetto dello scarso contributo italiano,Footnote13 e menzionando ‘quanto in Germania si stimi e onori il nostro grande poeta, e di quanti studi vari e profondi sia fatto oggetto’.Footnote14 Si può senz’altro affermare che le radici del revival ottocentesco di DanteFootnote15 vadano ritrovate nell’attenzione che i primi romantici e idealisti tedeschi, Schlegel, Schelling e Schiller per fare alcuni nomi,Footnote16 dedicano al poeta italiano. Arturo Farinelli, nel suo studio Dante in Spagna-Francia-Inghilterra-Germania (Dante e Goethe) (1922), manifesta la gratitudine dei dantisti italiani ‘ai primi romantici della Germania, che dalla dimenticanza dei secoli, dal disprezzo degli olimpici e dei pedanti trassero il poema dantesco’.Footnote17 In una delle opere critiche più importanti rivolte alla presenza di Dante in Germania, uscita in due volumi tra il 1881 e il 1883, Giovanni Andrea Scartazzini insiste sulla ‘grande operosità dei Tedeschi intorno a Dante ed alle opere sue’, dividendo la storia di Dante in Germania in cinque periodi.Footnote18 Il secondo periodo copre l’arco di tempo che va dal 1824, anno in cui esce il primo dei numerosi lavori critici su Dante di Karl Witte, al 1850, e costituisce il momento cruciale in cui ‘[i] Tedeschi non si appagano più di conoscere superficialmente le opere di Dante, ma s’ingegnano di penetrare addentro ne’ suoi arcani’.Footnote19

È in questo periodo che nasce e muove i suoi primi passi letterari Vivanti-Lindau. Primogenita di tre figli educati alla religione cristiana, la sua formazione, come quella dei fratelli minori, è letteraria. Essendo l’accesso delle donne all’università ancora impedito, contrariamente ai fratelli, che hanno la possibilità di laurearsi e addottorarsi (in discipline umanistiche), Vivanti-Lindau deve perseguire la sua formazione a casa. Tutti e tre i fratelli Lindau, in ogni caso, finiranno per dedicarsi all’attività letteraria in modi diversi, divenendo figure di rilievo nella cultura europea di metà e secondo Ottocento.Footnote20 Considerando la frequentazione del fratello Rudolph al corso di filologia e, in generale, l’ambiente familiare assai addentro nel mondo letterario, non è difficile immaginare che in casa Lindau il nome di Karl Witte e la sua associazione a quello più imponente di Dante fossero conosciuti. Sicuramente nota ai tre fratelli letterati era l’opera del poeta che, nei decenni tra il 1820 e il 1860, vide la ‘golden age of Dante scholarship in Germany’.Footnote21 Scartazzini fa riferimento ad alcuni articoli danteschi ospitati dalle riviste di Paul Lindau in un suo articolo su Gemma Donati e in uno studio di Karl Bartsch sulla vita della donna italiana ai tempi di Dante,Footnote22 quest’ultimo pubblicato sulla ‘grande ed elegante rivista Nord und Süd, diretta – scrive Scartazzini – da quel brioso scrittore che è Paolo Lindau’.Footnote23 Quanto a Vivanti-Lindau nello specifico, i primordi della sua passione per Dante potrebbe essere legati al nome di Goethe, suo scrittore preferito, unico personaggio con cui, come lei stessa riferisce a Jenny Marx, se ne avesse la possibilità cambierebbe la sua identità.Footnote24 A partire da uno scritto di Schelling su Dante,Footnote25 l’autore del Faust, che nel 1826 redige un saggio sull’autore della Commedia,Footnote26 è infatti assiduamente associato al poeta fiorentino: ‘il parallelo Dante-Goethe – afferma Apollonio – assediò ogni lettura tedesca della Commedia’.Footnote27 Difficile pensare che Vivanti-Lindau non abbia indugiato nella rilevazione di analogie e differenze tra le opere dei due scrittori da lei così amati.

Se la fortuna di Dante nell’Ottocento è legata al mondo critico e letterario tedesco, essa deve molto pure a quello britannico. Caesar ritrova le cause del ‘Dante’s Romantic spring’ sia nella sistematizzazione ideologica della sua opera da parte dei filosofi e critici idealisti tedeschi che nel successo di critica e di pubblico da lui riscosso in Inghilterra in epoca post-Napoleonica.Footnote28 I romantici inglesi avevano già mostrato di apprezzare e conoscere la Commedia e/o ne erano stati influenzati nelle loro opere, Coleridge e Shelley in particolare. Ma a riportare nell’Ottocento l’attenzione del mondo letterario inglese su Dante è soprattutto un italiano esiliato a Londra, Ugo Foscolo. A partire dai due articoli danteschi usciti sulla Edinburgh Review nel febbraio e settembre del 1818, lo scrittore nativo di Zante si impegna nella promozione di quello che è il suo ‘poetic (and exiled) predecessor’,Footnote29 tentando, e in parte riuscendovi, di istituire ‘a literary and Dantean identity’ e di costruire ‘a language with which to speak about the Commedia to a British audience’.Footnote30 Tale linguaggio è un linguaggio eminentemente storico e politico in cui la prospettiva letteraria non è assente, naturalmente, ma viene posta in secondo piano.Footnote31 Con Foscolo emerge la figura ottocentesca di Dante come icona storico-politica: ‘father of the nation’ e ‘prophet of the future unity of Italy’.Footnote32 Il ghibellin fuggiasco, così come viene ribattezzato nel carme De’ Sepolcri, è espressione di libertà e liberazione, simbolo di riferimento per gli esuli italiani, a cui offre ‘legitimacy for their own condition, dignity to their status, and consolation for their sense of defeat and alienation’,Footnote33 e, per esteso, gli esuli di tutta Europa, da Byron a Marx.Footnote34

L’eredità foscoliana, con le ‘political and potentially nationalist dimensions’Footnote35 della sua lettura di Dante, viene raccolta da diversi scrittori inglesi e italiani, ma soprattutto da un altro illustre esule italiano a Londra e direttamente impegnato nel processo di unificazione italiana: Giuseppe Mazzini. Prima di pubblicare un saggio dedicato al poeta, significativamente intitolato Dell’amor patrio di Dante (1844), Mazzini afferma in un articolo del 1837 uscito sulla Westminister Review che Foscolo era stato colui che aveva riconosciuto in Dante ‘the prophet of the nationality, of Italy’.Footnote36 Allo sganciamento dalla prospettiva letteraria a favore di quella storico-politica si accompagna quello dalla prospettiva religiosa. Come puntualizza Jossa, coi saggi di Foscolo e Mazzini Dante diventa il ‘“lay hero”, in the non-religious sense, as opposed to the power of the Church’.Footnote37

La presentazione di Dante come simbolo di libertà laica e riformatore religioso incontra, naturalmente, il favore dell’audience ma anche della politica inglese. Facendo particolare riferimento alla presenza di un ‘“Protestant” Dante’ nel Discorso sul testo della Commedia di Dante (1826) dell’autore di Dei Sepolcri, Havely individua una convergenza tra la ‘anticlerical, “Neo-Ghibelline” stance’ del Dante foscoliano e le prospettive dei sostenitori del partito liberale.Footnote38 Un esimio ammiratore di Dante in questo senso è William Gladstone, futuro premier britannico. Come ha mostrato Isba nella sua monografia dedicata a Gladstone e Dante, la Commedia offre al politico inglese ‘a guide, a companion and a canon for living’.Footnote39 Tra i traits d’union che avvicinano le due figure la studiosa individua proprio la ‘deep distrust of the papacy’Footnote40 condivisa dal poeta fiorentino e dal politico inglese. Già durante gli anni della sua formazione a Eton, Gladstone prende a leggere la Commedia, interessato soprattutto al ‘Dante’s concern with the Church, and his portrayals of the corruption of the clergy, the religious orders, and the Papacy’.Footnote41

Il riferimento a Gladstone ci interessa perché la sua ammirazione per Dante è favorita dalla stretta vicinanza a due figure centrali nella promozione della cultura italiana e della figura di Dante in Inghilterra, gli esuli italiani Antonio Panizzi e Giacomo Lacaita, i quali furono senz’altro in contatto con Anselmo Vivanti, egli stesso una figura di spicco tra gli esuli italiani a Londra. Grande ammiratore di Dante, intervistato da Jenny Marx, egli lo nomina come suo poeta preferito.Footnote42 È probabile che Anselmo abbia svolto un ruolo simile a quello di Panizzi e Lacaita nella promozione dell’opera e della figura del poeta fiorentino. Sicuramente, come Panizzi e Lacaita, come Mazzini, di cui è ritenuto dalla polizia austriaca uno stretto amico e collaboratore, come Foscolo prima ancora,Footnote43 Anselmo interpretò Dante attraverso gli occhi dell’esule patriota, ritrovandovi il padre e profeta dell’unità italiana, un alter-ego da prendere a modello e in cui rispecchiarsi.

Va detto che tale ricezione della figura di Dante non è l’unica diffusa nell’Inghilterra vittoriana. Se figure quali Foscolo, Mazzini, Panizzi, e, possiamo supporre, Vivanti, hanno contribuito a promuovere in Inghilterra l’immagine del Dante ghibellino, riformatore religioso, padre dell’unità italiana e simbolo di libertà internazionale, la famiglia Rossetti, a partire dal capostipite Gabriele, anch’egli esule italiano, esalta l’aspetto più esoterico, visionario, psichico del poeta, concentrandosi non solo sulla Commedia, ma, soprattutto con Dante Gabriel Rossetti, sulla Vita Nova e sulla figura di Beatrice. Si delinea così l’emergere nella cultura britannica di due miti danteschi, l’uno improntato a una prospettiva storico-politica, il Dante risorgimentale, l’altro a una ricezione criptica e intimista, il Dante preraffaellita.Footnote44 Moglie di un esule italiano, patriota e intimo amico di Mazzini, non stupisce, come si vedrà dettagliatamente dal resoconto del seicentenario incluso nel Journey, che Vivanti-Lindau si accosti al primo dei due Dante vittoriani.

In generale, quello che la contestualizzazione appena offerta vuole sottolineare è come la letterata tedesca, nel culmine degli anni ’60, sia nella posizione più adatta a recepire l’opera dantesca, trovandosi all’intersezione di due mondi culturali, quello tedesco e quello inglese, che godono in quegli anni una sorta di primato su Dante.Footnote45

Dante a Londra tra esuli e divulgatrici: un modello e strumento di libertà

Negli anni londinesi di Vivanti-Lindau, precedenti il seicentenario dantesco e la redazione del Journey, al di là delle differenze tra linee interpretative, il contesto inglese è più che mai permeabile alla ricezione non solo critica, ma anche popolare dell’opera dantesca: l’attenzione riservata a Dante da parte di importanti figure della cultura e della politica, la generale ‘italophilia’ del momento,Footnote46 l’intensa attività editoriale sempre più rivolta alla pubblicazione di opere dantesche,Footnote47 consolidano ‘Dante’s position in Victorian England’, facendo di Londra ‘the Dante capital ahead of Florence and Ravenna’.Footnote48 Non più soltanto oggetto di studio critico, Dante raggiunge un’attenzione di massa. Laurence nota come il poeta diventi una vera ‘cultural commodity’ cui ricorrere per nutrire ‘the social and cultural aspirations of the growing middle class of Victorian England interested in self-improvement’.Footnote49

Cultura scritta e orale contribuiscono in egual modo a promuovere questa cultural commodity. Se le rivoluzioni nel mondo della stampa accelerano il processo tramite cui Dante viene condotto ‘within the material and intellectual reach of the mass, middle-class public’, creando una ‘large and heterogeneous readership of men and women’,Footnote50 la fama del poeta nell’Inghilterra metà-ottocentesca è dovuta a numerose attività di divulgazione orale promosse, in gran parte, dagli esuli italiani – ‘dramatized readings of the Divine Comedy, lessons from exiled language teachers […], public recitations, conferences, and performances by improvvisatori (improvisational poets) and actors’.Footnote51 Insieme ai patrioti italiani, un’altra categoria che gioca un ruolo fondamentale nella promozione dell’opera dantesca è quella costituita dalle letterate donne. Laurence segnala la ‘noteworthy contribution’ delle ‘Dante’s female popularizers’Footnote52 a partire dagli anni ’50. Coluzzi mostra come all’altezza degli anni ’70 il campo di studi danteschi è ormai divenuto ‘one of the new territories of endeavour claimed by a growing public of women of letters’, impegnate in una negoziazione attiva della loro ‘critical identity and scholarly authority as professional mediators of Dantean knowledge’.Footnote53

La maîtresse di un salon in cui si leggono saggi su Dante, si discute della sua opera, Vivanti-Lindau può essere considerata tra quelle female popularizers, individuate da Laurence e Coluzzi, che promuovono e contribuiscono alla circolazione dell’opera dantesca negli ambienti culturali inglesi. Il poeta Ferdinand Freiligrath e sua moglie Ida Melos Freiligrath, habitués del salon Vivanti, discutono per lettera di Dante, facendo riferimento alle conversazioni su Dante e Virgilio in casa Vivanti.Footnote54 Negli stessi anni circa la lettera di Jenny Marx citata in apertura riconosce in Vivanti-Lindau, come si è visto, un’ammiratrice fervente del poeta fiorentino, di cui la letterata tedesca, specifica la figlia del più noto Marx, conosce i versi a memoria. Ma la promozione dell’opera di Dante da parte di questa salonnière tedesca non è slegata da un indirizzo, e apprezzamento, politico. La vicinanza e influenza di Anselmo, la frequentazione dei due coniugi con la colonia di emigrati italiani, e non, a Londra, fanno di Vivanti-Lindau una di quelle female popularizers di Dante che usano il poeta come ‘expression for a particular love of Italy, a love that could have a political edge in the cause of Italian liberation’.Footnote55 In Dante, Vivanti-Lindau riconosce un modello non solo letterario e culturale, ma politico: il modello par excellence della libertà italiana e, per esteso, europea. Ancora una volta la letterata tedesca si trova all’intersezione di due mondi impegnati nella promozione di Dante, quello delle donne letterate, da un lato, quello degli esuli dall’altro: due mondi che legano l’esaltazione della figura e dell’opera dell’autore della Commedia all’affermazione e rivendicazione delle proprie identità culturali, sociali, e politiche.

Il seicentenario dantesco attraverso gli occhi di Anna Vivanti-Lindau. L’esaltazione di Dante tra feticismo turistico, emancipazione laicista e ammirazione politico-civile

Quando Vivanti-Lindau raggiunge Firenze nel maggio del 1865 per il seicentenario dantesco, Dante è un modello culturale, sociale, e politico, capace di catalizzare l’attenzione e l’apprezzamento, italiano e, ancora di più, internazionale, delle cerchie intellettuali come del grande pubblico. In anni in cui il mondo del turismo è sconvolto da avanzamenti notevoli – in cui si assiste ad una radicale trasformazione nel viaggiare e sorge la ‘moderna industria turistica’Footnote56 – tale attenzione e tale apprezzamento trovano il modo di sfociare in un trend che è anche turistico. Lehner e Isba individuano nell’affermazione e diffusione del Grand Tour e nei miglioramenti legati alla possibilità di viaggiare uno dei motivi sottostanti e incoraggianti il revival ottocentesco di Dante.Footnote57 Soprattutto per i viaggiatori aristocratici vittoriani,Footnote58 il Grand Tour diventa strumento di self-improvement e, in particolare, un’occasione per familiarizzarsi con la cultura italiana e con colui che agli occhi di tutti ne è il capostipite: Dante.

Lehner segnala che la guida turistica di John Murray, all’epoca la guida di riferimento per viaggiatori e quella usata, infatti, da Vivanti-Lindau, ‘dedicated increasing amounts of space to Dante, his literature and his reception in every new edition of his popular handbooks’.Footnote59 Il turismo dantesco, se così si può dire, è particolarmente favorito dalle ‘various new Dante-related tourist attractions’ (Isba 26): l’inclusione nell’itinerario del Grand Tour e nelle varie guide turistiche del celebre Sasso di Dante (‘[t]he most pronounced aspect of a growing cult of Dantean reverence’),Footnote60 il monumento di Dante in Santa Croce,Footnote61 il ritrovamento, nel Bargello, di un ritratto del poeta da giovane attribuito a Giotto,Footnote62 la scoperta a Ravenna della tomba di Dante durante i lavori per il seicentenario, costituiscono le tappe di un tour dantesco sempre più seguito dai viaggiatori europei e, nello specifico, gli elementi che vanno a sostanziare e ad accrescere quella ‘Dantean adoration by British travellers’ identificata da Lehner.Footnote63 Alla trasformazione ottocentesca del poeta in una cultural commodity, segue quella in ‘tourist commodity’: a metà Ottocento, Dante è diventato ‘a tourist commodity and a central poet with which to acquaint oneself while on the Grand Tour’.Footnote64 La possibilità di percorrere itinerari danteschi è favorita da uno dei cambiamenti nel mondo dei trasporti che più incise sul turismo in Italia, e cioè l’avvento delle ferrovie all’inizio degli anni ’60. Tale cambiamento permise un ‘greater ease and speed of access to Italy’, ciò che, come segnala Isba, ‘was good news for anyone travelling to Italy in 1865 for the 600th anniversary celebrations of Dante’s birth’.Footnote65

Vivanti-Lindau lascia Londra il 18 marzo del 1865 per un ‘grandioso viaggio di nozze’Footnote66 le cui tappe principali, come evocato dal titolo del resoconto che redige una volta rientrata a Londra, sono Creta, Costantinopoli, Napoli e Firenze.Footnote67 Il seicentenario dantesco gioca un ruolo primario nella pianificazione del viaggio, così come nella sua esecuzione e ricognizione scritta: diversamente dai capitoli che lo precedono, che devono il loro nome ai vari luoghi visitati,Footnote68 il quinto e ultimo capitolo del Journey è significativamente intitolato ‘The Dante Festival at Florence’Footnote69 – ovvero, la tappa fiorentina coincide con e ha la sua ragion d’essere nelle celebrazioni dantesche. Nel ricordare, alla fine del quarto capitolo, il viaggio da Napoli a Livorno a bordo del piroscafo Principe Umberto, Vivanti-Lindau nota la cospicua presenza di passeggeri che ‘were going like ourselves to Florence, for the Dante festival’.Footnote70 Giunti a Livorno il 13 maggio, i coniugi Vivanti decidono di pernottarvi la notte, consapevoli dell’impossibilità di trovare alberghi disponibili a Firenze, a causa dell’affollamento previsto per il seicentenario, e con la volontà di riposarsi nella cittadina marittima in modo da ‘be better able to bear the fatigues, and enjoy the pleasures of the days to come’.Footnote71 Il quinto capitolo si apre con la manifestazione di un entusiasmo, evidentemente, a lungo eccitato: ‘And now the great day had come, the 14th of May, 1865!’.Footnote72 Il tanto atteso primo giorno delle feste per il seicentenario dantesco, avente luogo nei giorni del 14, 15 e 16 maggio, è finalmente giunto. I Vivanti partono in treno alle 4 di mattina da Livorno. Nonostante la sua dichiarata avversità ad alzarsi presto in Inghilterra, Vivanti-Lindau afferma che non le costa alcuno sforzo in questa circostanza, eccitata com’è dal pensiero di raggiungere Firenze e assistere alle celebrazioni.Footnote73

Come scrive Caesar, il festival del seicentenario dantesco apparve come ‘the natural culmination to the years of literary and political exaltation of the poet that had gone before’,Footnote74 un’esaltazione che abbiamo visto venire soprattutto dall’estero, e in particolare da Germania e Inghilterra. Non sorprende che l’iniziativa fu inspirata proprio da un evento tedesco, le celebrazioni per il centenario di Schiller del 1859, e in parte promossa da un grande sostenitore inglese di Dante, Henry Clark Barlow, cui ritorneremo più avanti.Footnote75 Le parole con cui nel 1859 Gustavo Strafforello lanciò la proposta del festival dantesco sull’onda del centenario organizzato a Schiller dalla Germania sottolineano il colpevole ritardo del popolo italiano nella celebrazione del suo maggior poeta:

Ma comunque grande, comunque glorioso, v’ha un uomo che fu cittadino più forte, che fu poeta maggiore le mille volte di Schiller, un uomo che pugnò con la spada e con la penna, più che non Schiller per la tedesca, per l’unità della gran patria italiana, un uomo che, durante il lungo obbrobrio della nostra servitù, fu la redenzione morale della misera patria nostra, un uomo – no, un eroe, un semidio, un miracolo dell’umana natura, un orgoglio dell’uman genere: Dante Alighieri! E quali onori gli abbiam noi resi finora? […] Fra cinque anni sarà il sesto centenario della nascita di Dante; fra cinque anni sarà compiuta l’unità della patria. Italiani! Io propongo che la prima festa nazionale della nostra rigenerazione sia un’ammenda onorevole, sia la Festa secolare di Dante Alighieri.Footnote76

Il festival, la cui organizzazione era per lo più in mano a ‘un obscure Florentine journalist’,Footnote77 Guido Corsini, ideatore di due testate giornalistiche dedicate al seicentenario, Giornale del Centenario di Dante Alighieri e La Festa di Dante. Letture domenicali del popolo italiano, vide la partecipazione di un numero enorme di persone, secondo le stime 30.000. ‘Nulla di simile a quella celebrazione si era mai visto prima in Italia, né si vide poi’, chiosa Dionisotti.Footnote78 A render così popolare l’evento v’era il fatto che ‘quella andata in scena nel 1865 a Firenze, da pochi mesi scelta come nuova capitale, fu la prima grande festa nazionale del Regno’.Footnote79 ‘[N]ell’unanime e abbondantemente retorica e poetica celebrazione dantesca del 1865’ si riconosceva ‘l’ultima scena del favoloso dramma risorgimentale’.Footnote80 Con Dante si celebrava l’Italia, finalmente unita.

Pienamente consapevole del valore simbolico-politico delle festività, Vivanti-Lindau presenta il festival nei seguenti termini:

Truly this solemn event happened ‘in the fulness of time’, and every thing concurred to make it as splendid and happy a festival as any nation has ever celebrated. Now, for the first time, the grand idea of Dante, a free and united Italy, has almost become a complete reality, and the hearts of all his people rejoice that from the Alps to Mount Etna, one law now reigns, and hopefully trust that the other great thought of Dante, the deliverance of the Church from the burden of temporal power, will ere long also become a reality. The disappointment and irritation the Italians felt at the loss of Savoy and Nice, has almost entirely passed, while what they have gained has still all the charm of a new possession, and something of the passion and enthusiasm of honeymoon-love in it. Is it therefore to be wondered at that the people of Italy rejoiced on the 14th of May? that every countenance wore a smile, and that their lively eyes sparkled with joy!Footnote81

Facendo risalire a Dante l’idea dell’unificazione italiana, in linea con mito risorgimentale del poeta cui abbiamo fatto sopra riferimento, Vivanti-Lindau associa le feste dantesche alla celebrazione del neonato regno d’Italia da parte del popolo italiano: il seicentenario ha luogo nel momento in cui, per la prima volta, ‘the grand idea of Dante, a free and united Italy, has almost become a complete reality’. Allineandosi pure con la lettura laica del Dante risorgimentale, Vivanti-Lindau si augura che assieme all’unità italiana si realizzi quell’‘other great thought’ che ella attribuisce a Dante, e cioè la revoca alla Chiesa del potere temporale e la liberazione dalla sua influenza. Tale lettura, particolarmente popolare, come abbiamo visto, in Inghilterra, era ovviamente diffusa anche sul territorio italiano, specie tra gli ammiratori dell’impresa unitaria e, nella fattispecie, quelli garibaldini. Qualche anno prima del seicentenario, nel 1860, Francesco Candiani fornisce una traduzione dell’Inferno in dialetto milanese – parendogli ‘assai bella cosa che anche il popolo men colto ber potesse alla fonte di tante sublimi idee’Footnote82 – in cui evidenzia la centralità dell’indipendenza italiana nell’opera e nel pensiero di Dante, e l’imprescindibile legame di tale impresa politica, in forma di ostacolo, col potere temporale ecclesiastico:

Nessun più di lui sentì il danno della divisione d’Italia, ed egli certamente pel primo si fe’ con inaudito coraggio ad oppugnare il dominio temporale dei Papa […] Questa è quella delle tre belve che più gli fa inciampo e tale da perdere la speranza dell’altezza, ‘Ch’è principio e cagion di tutta gioja’ cioè l’Indipendenza italiana.Footnote83

Il riferimento della letterata tedesca alla liberazione dell’Italia unita dal potere ecclesiastico sposa perfettamente un aspetto ‘che fu la cifra distintiva di tutte le cerimonie del 1865’, e cioè ‘il carattere laico della festa’.Footnote84 Vale la pena menzionare le parole con cui Settembrini commenta la laicità del seicentenario:

Se questa festa fosse stata fatta due secoli ed anche un secolo fa, non ci sarebbe mancato il Veni Creator Spiritus, e la messa, e la benedizione, il prete insomma: la festa avrebbe avuto il suo lato religioso, la processione sarebbe stata preceduta dalla Croce, e il nome di Dante sarebbe stato dopo il nome del Cristo. Invece oggi la festa è tutta laica, è tutta civile: il prete non vi è comparso.Footnote85

All’altezza del 1865 Dante non è più un simbolo religioso, ma laico, civile. Di religioso c’è solo la patria: come rileva Fournier-Finocchiaro, con il seicentenario dantesco si assiste a un ‘déplacement du sacré, en faveur de la nouvelle religion de la patrie’.Footnote86

Dopo aver sottolineato la ‘favorable circumstance’ per cui il festival dantesco ha luogo in primaveraFootnote87 e a Firenze, ‘the very town in all the world best adapted for the celebration of such an event’, e non a Parigi o Londra, Vivanti-Lindau descrive l’atmosfera che regna sulla capitale del regno italiano, enumerando le molte statue e i molti trofei posti nelle piazze principali della città per celebrare i ‘great Italians’ o ricordare ‘some great national event’, e, ovviamente, i luoghi deputati a Dante, primo tra tutti il ‘Sasso di Dante” in piazza del Duomo: ‘a stone – spiega la letterata tedesca – upon which the great man often sat in meditations, as lofty and grand as the glorious Dome on which he was silently gazing’.Footnote88 L’autrice del Journey indulge poi nella descrizione del luogo di principale celebrazione del seicentenario, ove doveva essere inaugurato il monumento nazionale a Dante: Piazza Santa Croce. La piazza, informa la letterata tedesca, è decorata ad hoc per l’occasione e appare contornata da stipiti e ricoperta di tappeti. Vi sono collocati dei posti a sedere per coloro che hanno ottenuto un biglietto: donne, principalmente, in eleganti abiti primaverili che contribuiscono a rendere un effetto che era ‘the gayest imaginable’.Footnote89 Dietro i posti a sedere si trovano 38 dipinti illustranti la vita di Dante – dal primo incontro con Beatrice alla sepoltura a Ravenna – più circa 40 ritratti di ‘celebrated contemporaries, translators, or commentators of Dante’.Footnote90 La piazza, continua a riportare Vivanti Lindau, è inoltre circondata da striscioni sostenuti da aste recanti lapidi ‘with some verses from the great poem of Dante; many of which anticipated the great political and religious events of the day, for the accomplishment of which 550 years ago, Dante had longed with passionate desire’.Footnote91

Ritornando a celebrare in Dante il padre e profeta d’Italia, Vivanti-Lindau trascrive nel Journey alcuni dei versi apposti sulle lapidi che annota mentre è a Firenze:

Soleva Roma, che’l buon mondo feo,
Duo Soli aver, che l’una e l’altra strada
Facean vedere, e del mondo e di Deo.
L’un l’altro ha spento, ed è giunta la spada
Col pastorale: e l’un coll ’altro insieme
Per viva forza mal convien che vada.
Purgatorio, Canto 26.Footnote92
[…]
Di oggimai, che la chiesa di Roma
Per confondere in sè duo reggimenti
Cade nel fango, e sè brutta e la soma.
Purg. Canto 26.
[…]
Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre
Non la tua conversion, ma quella dote,
Che da te prese il primo ricco patre!
Inferno, Canto 19.
[…]
Non fu nostra intenzion, ch’a destra mano,
De’ nostri successor parte sedesse,
Parte dall’altra, del popal cristiano,
Nè che le chiavi, che mi fûr concesse,
Divenisser segnacolo in vessillo,
Che contra i battezzati combattesse.
Paradiso, Canto 27.
[…]
Lo maggior don, che Dio per sua larghezza
Fêsse creando, ed alla sua bontate
Più conformato, e quel ch’ei più apprezza,
Fu della volontà la libertate
Di che le creature intelligenti,
E tutte e sole, furo e son dotate.
Paradiso, Cant. V.Footnote93

Come si vede, i versi che Vivanti-Lindau decide di trascrivere sono tutti improntati a una lettura politica del poema dantesco, il cui nodo principale è la critica del potere temporale della Chiesa. Il riferimento ultimo, da Paradiso V, alla ‘libertate’ che Dio diede all’uomo come suo ‘maggior don’, è da intendersi come un incoraggiamento alla liberazione del popolo e regno italiano dal potere ecclesiastico. È importante specificare che delle varie citazioni Vivanti-Lindau fornisce la traduzione in inglese nella versione di Henry Francis Cary, e cioè quella ‘influential translation’Footnote94 pubblicata col titolo di The Vision; or Hell, Purgatory, and Paradise, of Dante Alighieri che uscì in diverse edizioni a partire dal 1814Footnote95 e divenne ‘the principal medium through which most English readers read Dante for many years to come’.Footnote96 Il motivo per cui ciò va sottolineato è che ‘Cary’s Dante’, come ha evidenziato Milbank, è un Dante liberale, vicino alla politica Whig, ‘“the zealous and fearless advocate” of “what he considered the cause of civil and religious liberty”, opposing papal encroachments as well as French intervention in foreign affairs’.Footnote97 La lettura liberale, laica, risorgimentale della Commedia da parte di Vivanti-Lindau è, dunque, influenzata dalla visione che Cary, e con lui buona parte del mondo britannico, ha di Dante.

Dopo aver illustrato le decorazioni di Piazza Santa Croce, la letterata tedesca comincia a descrivere la grande processione che dà inizio al festival, procedendo da piazza Santo Spirito a piazza Santa Croce, come da regolamento pubblicato su La Festa di Dante ().

Figure 1. Regolamento per il corteo del 14 maggio estratto dal giornale La Festa di Dante, 55, 14 maggio 1865, p. 217 <https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=njp.32101067860104&view=1up&seq=225> [consultato il 20 marzo 2023].

Figure 1. Regolamento per il corteo del 14 maggio estratto dal giornale La Festa di Dante, 55, 14 maggio 1865, p. 217 <https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=njp.32101067860104&view=1up&seq=225> [consultato il 20 marzo 2023].

Annunciata dalle campane di Palazzo Vecchio, essa è aperta da guardie a cavallo, seguita da, in ordine, una banda musicale, rappresentanti della stampa italiana e di artisti italiani, ‘among which – ella nota – were several ladies, the only females who took part in the procession’.Footnote98 Segue la ‘endless procession of deputations from every town in Italy’, ciascuno recante uno striscione la cui bellezza ed eleganza, afferma Vivanti-Lindau, ‘surpassed anything of the kind I had ever seen’.Footnote99 Quando la processione giunge al suo punto d’arrivo, Piazza Santa Croce, ‘the sight […] magnificent beyond description’,Footnote100 le deputazioni delle differenti città e province provenienti da tutta la penisola sfilano, presentando le proprie bandiere. Il Giornale del Centenario offre un’illustrazione del momento ().

Figure 2. Illustrazione di piazza Santa Croce nel primo giorno del festival dantesco, pubblicato sul Giornale del Centenario, 47, 20 maggio 1865, p. 382 <https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=chi.087699490&view=1up&seq=390> [consultato il 20 marzo 2023].

Figure 2. Illustrazione di piazza Santa Croce nel primo giorno del festival dantesco, pubblicato sul Giornale del Centenario, 47, 20 maggio 1865, p. 382 <https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=chi.087699490&view=1up&seq=390> [consultato il 20 marzo 2023].

Firenze e Ravenna, in rappresentanza dei luoghi di nascita e morte del poeta, vanno per ultime e sono ‘loudly cheered’; ‘the same honour – osserva Vivanti-Lindau – was bestowed on the sign of the Wolf suckling twin boys, which was carried by a deputation from Rome’.Footnote101 Altrettanto entusiasmo è manifestato dalle acclamazioni che accolgono ‘the winged Lion of Venice […] followed by a long train of exiles from that unhappy place’.Footnote102 I rappresentanti di Roma e Venezia, terre non ancora annesse al regno d’Italia, appaiono ‘with the sign of mourning’Footnote103 – come spiega Conti, essi ‘sfilarono listati a lutto per sottolineare che esse erano “irredente”’.Footnote104 Il critico sottolinea ciò che fu ‘uno dei topoi retorici che contrassegnarono il discorso pubblico delle feste del 1865’, ovvero ‘il tentativo di legare il nome di Dante all’auspicato completamento dell’unificazione nazionale con la liberazione di Roma e Venezia’.Footnote105 A tale proposito, Tobia scorge nelle celebrazioni una coniugazione di ‘un valore confermativo del processo risorgimentale con quello di una sua possibile ripresa e prosecuzione’,Footnote106 mentre Fournier-Finocchiaro parla di ‘lecture irrédentiste’Footnote107 di Dante, includendo nel suo discorso il riferimento ad altre città irredente quali Rovereto, Trento, Trieste. È interessante notare che mentre Vivanti-Lindau appare sposare pienamente la causa dell’annessione di Roma e Venezia al Regno d’Italia, nel vedere giungere una deputazione triestina, ella rifiuta altrettanto pienamente l’annessione di Trieste, sostenendo che l’Austria detiene ‘an undeniable right to that province’ e guardando a quella deputazione ‘rather as an intruder’.Footnote108 La letterata tedesca conclude il giro delle sue osservazioni sulle delegazioni del corto dichiarando, in linea con la sua particolare sensibilità alla causa della liberazione di Roma papalina, di non poter non menzionare (‘I must not forget to mention’), la presenza di due frati domenicani provenienti da Napoli, recanti una bandiera con sopra iscritto ‘Roma per Capitale’: ‘the only priests that had taken any part in the festival, or shown any feeling that was not indifference or even hostility to it”, essi ricevono “many signs of good-will as they passed in the procession’.Footnote109

Giungiamo così ad uno dei nodi cruciali del resoconto del Journey sul seicentenario dantesco in cui viene descritto il momento culminante delle celebrazioni: lo svelamento del monumento di Dante per mano del re Vittorio Emanuele. La statua scolpita da Enrico PazziFootnote110 rappresenta, come scrive Tobia, ‘l’esempio forse più cospicuo di un complesso movimento che illustra […] l’intento di coniugare cultura e politica a fini […] riaffermativi dei valori patriottico risorgimentali’; essa, prosegue il critico, ‘ha il valore di un sigillo posto a compimento del riscatto italiano’.Footnote111 Era stato stabilito che la persona cui doveva andare l’onere di svelare il monumento era il rappresentante vertice di tale riscatto, colui che deteneva le redini del regno unificato: Vittorio Emanuele. Il Re Galantuomo, come lo chiama pure la letterata tedesca, era stato presentato dalla retorica unitaria come l’incarnazione del famoso veltro profetizzato da Dante.Footnote112 La scelta di fargli svelare la scultura di Pazzi trovava il favore dell’establishment così come quello del popolo, tanto che per molti partecipanti ‘la fête dantesque’ finì per coincidere con ‘une fête en l’honneur de la monarchie de Savoie’.Footnote113 Vivanti-Lindau riporta le ‘loud cheers’ annuncianti ‘the approach of the King, the first King of Italy, the representative of its unity and liberty!’Footnote114 presso la statua velata. Ella descrive il momento in cui, dopo il discorso inaugurale pronunciato dal Gonfaloniere di Firenze,Footnote115 il re svela il manto e scopre la grandiosa figura di Dante nei seguenti termini:

the covering dropped, and there stood in the midst of his people, indescribably grand, with an expression both austere and kind, sad and happy, Dante the divine. There was a long pause, then a murmur, then loud cheering. It was a moment never to be forgotten.Footnote116

È questo il momento in cui l’ammirazione di Vivanti-Lindau per il divino Dante, come lo nomina, raggiunge il suo culmine. Il suo entusiasmo è tale da superare pure i difetti che ella trova nella resa della scultura: ‘at the moment of uncovering – ella dichiara – I observed none of those defects; it appeared grand and imposing, and the expression of the face worthy of the great soul that once had animated its features’.Footnote117

L’esaltazione della grande anima di Dante si accompagna subito al rammarico per l’assenza di un’altra grande anima italiana stimata dalla letterata tedesca e imprescindibilmente legata all’impresa unitaria quanto allo stesso nome di Dante:

But where was at that moment Italy’s Hero; he, who had done more than any one living or dead for the realization of the great thought of Dante’s life; he, who resembled the great dead more than any living Italian, in his unselfish, undying love of his country, in his pure and blameless life? A solitary exile, on a bare rock of Caprera sat Giuseppe Garibaldi on that joyful day.Footnote118

Se il re ebbe ‘uno spazio rilevante nei festeggiamenti’, facendo sì ‘che l’immagine della monarchia sabauda come collante della nazione uscisse rafforzata’,Footnote119 nessuno spazio fu riservato all’eroe per eccellenza dell’impresa risorgimentale: Giuseppe Garibaldi.Footnote120 Conti evidenzia come durante il seicentenario fu chiara

la volontà di rendere omaggio al re e all’istituto monarchico, rappresentati come incarnazione della profezia dantesca, senza che vi fossero altri attori sulla scena capaci di fare ombra al loro protagonismo assoluto.Footnote121

Tale volontà spiega le ‘vistose assenze dal programma dei festeggiamenti’ di figure quali Bettino Ricasoli, ma soprattutto ‘un personaggio ingombrante come Garibaldi’, che ‘andava tenuto lontano non solo perché con la sua presenza avrebbe sicuramente oscurato quella del re, ma perché era sempre il Garibaldi ribelle e insofferente di Aspromonte’ e ‘non ancora […] il “rivoluzionario disciplinato” che piaceva al re e all’opinione pubblica moderata’.Footnote122

Il j’accuse della letterata tedesca rispetto all’illustre assenza dell’‘Eroe d’Italia’, colui che aveva fatto più di qualunque altro per realizzare ‘the great thought of Dante’s life’, vale a dire l’unificazione italiana, s’iscrive perfettamente nel culto di cui Garibaldi fu fatto oggetto all’estero e, in particolare, in Inghilterra. Già durante i primi moti risorgimentali, osserva Rudman, i giornali inglesi cominciavano a porre ‘the first foundations of the Garibaldian cult in Great Britain, which in the course of time grew to enormous dimensions’.Footnote123 Tale culto assunse una veste tanto letteraria, le sue imprese divenendo ‘a frequent theme of nineteenth-century English literature’, quanto politica, il supporto inglese verso Garibaldi e i suoi uomini essendo anche ‘financial, diplomatic, naval, and military’.Footnote124 All’altezza del 1861, dopo l’Impresa dei Mille,Footnote125 la ‘English admiration for Garibaldi assumed the proportions of ecstasy’,Footnote126 un’estasi che poté esprimersi compiutamente nell’aprile del 1864, in occasione della venuta di Garibaldi a Londra,Footnote127 ove egli fu ‘definitivamente consacrato come celebrità internazionale’.Footnote128 Come riporta l’Examiner, uno dei giornali che narrarono il soggiorno dell’eroe italiano a Londra, egli fu accolto dal popolo inglese con ‘such an earnestness and goodwill as has seldom been equalled, and probably never excelled in this country’.Footnote129 Non appena apparve all’entrata della stazione londinese tra i due suoi figli, ‘a perfect tumult of enthusiasm broke out that can always be remembered but never described’.Footnote130 L’evento prese la forma di una festa che coinvolse l’intera popolazione londinese e, in generale, inglese. Il travolgente entusiasmo che accompagnò l’arrivo di Garibaldi è ritratto in The Illustrated London News ().

Figure 3. Garibaldi’s Visit to London, Arrival at Charing-Cross, illustrazione, da The Illustrated London News, 23 aprile 1864.

Figure 3. Garibaldi’s Visit to London, Arrival at Charing-Cross, illustrazione, da The Illustrated London News, 23 aprile 1864.

Raccontando la ‘extraordinary reception given by London to its hero’,Footnote131 Rudman riporta ‘the immense procession that saluted Garibaldi’Footnote132 per cui mezzo milione di persone attese nelle strade londinesi il passaggio del carro che lo trasportava e che, per tale affollamento, riusciva a malapena a procedere. Dopo la processione l’eroe italiano si trovò impegnato in ‘a strenuous round of social engagements’,Footnote133 tra cui l’incontro con gli esiliati italiani soggiornanti a Londra. Rudman cita Panizzi, Mazzini e Venturi, ma sicuramente tra essi vi fu anche Anselmo Vivanti, il quale faceva parte del comitato organizzatore di italiani incaricato di accogliere la venuta di Garibaldi a Londra.Footnote134

L’entusiasmo di queste che potremmo chiamare feste garibaldine a Londra non fu dissimile dalle feste che si sarebbero tenute l’anno successivo a Firenze in occasione del seicentenario dantesco e dall’entusiasmo che il popolo inglese riservò alla figura di Dante in quegli stessi anni. Se, come ha ben detto Tobia, ‘Risorgimento politico italiano e culto di Dante Alighieri si sa, vanno insieme’,Footnote135 ad andare a braccetto sono pure il culto di Garibaldi, che di quel Risorgimento è eroe, e il culto di Dante. Nel contesto britannico degli anni ’60 si rileva un’italofilia politica e culturale che riconosce nella neonata nazione italiana il massimo modello di libertà, un modello che trova nelle figure di Garibaldi e Dante le sue incarnazioni esemplari. È interessante notare come l’esaltazione senza pari riservata dall’Inghilterra a questi due esiliati italiani rappresentanti della libertà, prova di quanto l’esaltazione tanto del Risorgimento quanto della figura di Dante trascesero i confini italiani, venendo assunti a modello di riferimento internazionale, sia tale da far emergere un carattere nazionale sconosciuto all’isola. Significative sono le parole con cui un giornalista francese, tale Jules Guérin, corrispondente inglese per il Siècle, commenta il ricevimento londinese di Garibaldi, parole che potremmo ascrivere anche alla ricezione inglese di Dante a metà e secondo Ottocento:

Garibaldi arrived in London yesterday. Although I have lived in England many years, although I have attended enthusiastic meetings and brilliant manifestations, I humbly confess that I did not yet know the English people. I speak of the real horny-handed people, browned by the heat of the forge or of the sun; I did not know what ardent sympathy there is in those devoted hearts, or what treasures of admiration for liberty are hidden under that calm and almost cold exterior of the English. The reception of Garibaldi by the people of London is a fact without parallel.Footnote136

La similitudine dei due italiani illustri si fa più percepibile nelle parole officiali che furono rivolte a Garibaldi al suo arrivo a Londra:

Sir, – The inhabitants of the British metropolis rejoice to welcome you among them; rejoice in the opportunity thus afforded them of testifying their enthusiastic admiration for the first of living patriots, the undaunted and disinterested champion of not only the freedom and independence of his own beloved and classic land, but of civil and religious freedom throughout the world.Footnote137

Come abbiamo visto, anche Dante veniva considerato dagli inglesi ‘“the zealous and fearless advocate” of “what he considered the cause of civil and religious liberty”’.Footnote138 Non è un caso che Barlow, lo scrittore inglese che sollecitò le celebrazioni per il seicentenario dantesco e che avrebbe dato inizio alle celebri Barlow Lectures sulla Commedia,Footnote139 fu anche colui che in un articolo del 1861 pubblicato sull’Athenaeum e intitolato ‘Garibaldi the Veltro of Dante’, identificò apertamente Garibaldi nel veltro dantesco, sfidando l’interpretazione favorita dall’opinione moderata, coincidente con quella del governo italiano, secondo cui a incarnare il veltro era il re Vittorio Emanuele.Footnote140 Così scrive l’ammiratore di Dante:

We have recently witnessed one part of Dante’s remarkable prophecy. Italy has become a nation; and that great fact has been accomplished by a man of the people, – one gifted beyond all other men with those great qualities which Dante has given as the characteristics of his Hero, the Italian Liberator, Sapienza, amore, e virtute

We must be blind indeed, if in the person of that truly great and good man to whom Victor Emmanuel is indebted for the title by which he has lately been saluted, Giuseppe Garibaldi, we do not recognize the characters distinctly displayed of the Veltro, the Messo di Dio, the Duce of Dante’s prophetic announcement, so long and so ardently expected.Footnote141

Non sorprende che Barlow insista sul bisogno di compire risolutivamente la profezia dantesca tramite la liberazione dalla ‘Lupa’, ovvero dalla ‘temporal tyranny of the Popes’ cui Dante ‘ascribed the ruin of his country’, per mezzo del veltro:

ere Italy can be thoroughly restored to herself the temporal power of Popedom must cease; this is the great political principle running through the entire poem – to chase away this ‘maledetta Lupa’, there must be the hunting dog, the Veltro. Under this figure, therefore, the Italian Hero is introduced. […] Giuseppe Garibaldi, whose pride it is to be ‘a son of the people’, is fully alive to the necessity of getting rid of the Italian Lupa […].Footnote142

Quando si troverà a fornire il suo resoconto del seicentenario dantesco, lo scrittore inglese rileverà l’assenza di Garibaldi con la stessa amarezza e lo stesso rammarico con cui la interpreterà Vivanti-Lindau:

But where is he, who more than any other carried out the purpose of the Prophet-poet? Where is he whose god-like voice and whose mighty arm joined together this long severed land, and made it one? Aye! Where is he who first proclaimed the King of Italy? There is a small island in the Tuscan sea, the winds of heaven sweep over it freely, and the waves that dance around it, rejoicing in their liberty, leap up and kiss its rocky shore […]. It is the home of the Liberator, Giuseppe Garibaldi, he who joined Sicily and Naples to Italy. Like Cincinnatus, and the noble Washington, he is occupied about his little farm, his thoughts alone reach the scene of this day’s ceremony, he will not divide its honours with the King, nor will he diminish the devotion due to Dante. But our hearts yearn towards him, and many a gentle sigh at his self-denying absence is wafted, in spirit, to his island-home.Footnote143

Tornando al Journey, l’accusa di Vivanti-Lindau nei confronti dell’assenza dell’eroe dei Mille alle feste per il seicentenario dantesco permette di visualizzare non solo il favore senza precedenti che il mondo vittoriano mostrò verso Garibaldi, un favore che fa tutt’uno con quello mostrato verso Dante, entrambi considerati esempi di libertà e democrazia internazionali, ma anche, più nello specifico, la duplice e alternativa lettura, al momento dell’unificazione italiana, che opponeva Vittorio Emanuele e Garibaldi come eroi dell’impresa risorgimentale, cui si accompagna la duplice e alternativa identificazione delle due figure nel veltro dantesco, la letterata tedesca parteggiando esplicitamente per la seconda. Per Vivanti-Lindau, come pure per gli esili italiani a Londra, e gran parte del mondo internazionale, in primis quello inglese, era Garibaldi, non Vittorio Emanuele, l’eroe da celebrare. La denuncia della letterata tedesca si conclude con un’osservazione che accosta Dante e l’eroe risorgimentale in una fine e amara rilevazione del comune destino di negligenza che è stato loro riservato dalla loro stessa patria, contrariamente, si può aggiungere, all’elogio consacrato da nazioni straniere quali l’Inghilterra:

Close by the side of the King, as when he entered the Cathedral of Naples, there Italy ought to have prepared a seat for him. But he seemed forgotten by every body. No where did I see a bust that portrayed his noble features; I heard no voice raise the cry, “Evviva Garibaldi!”

Thus let it be! But surely the day will come, as came the Dante day of Florence, when Italy will pay her tribute of honour to her Hero, as she did that day to her Poet.Footnote144

A Vivanti-Lindau non resta che augurarsi che l’Italia rimedierà alla sua negligenza onorando il suo eroe, nello stesso modo in cui vi ha rimediato onorando il suo Poeta celebrando il seicentenario della sua nascita. Quando ciò accadrà, scrive enfaticamente la letterata tedesca, compartecipando alla causa del destino italiano con tale entusiasmo da apparire lei stessa un’italiana

Then will multitudes flock together, and men looking at his noble image, will call out with beating hearts, “Behold our deliverer,” and women will weep, and lifting up their children will cry, “To him we owe it, that we are Italians.”Footnote145

Il resoconto di Vivanti-Lindau prosegue con la descrizione degli eventi susseguentisi negli altri giorni del ‘Dante’s great festival’.Footnote146 Del secondo giorno vengono menzionati la ‘matinée musicale’ in cui ‘a “Hymn to Beatrice”, a chorus called “Dante’s return to Florence”, and other pieces, were sung’, e il concerto serale al Teatro Pagliano where a ‘“Dante Symphony”, the “Ave Maria” of Dante, and other appropriate pieces were executed’.Footnote147 La letterata tedesca si sofferma poi sull’Esposizione Dantesca, il cui scopo, ella scrive, ‘was to make us as much as possible acquainted with all that related to Dante and his time’.Footnote148 Dei vari ritratti di Dante e di altri personaggi a lui legati o della Commedia, di dipinti e disegni illustrati parti dell’opera, Vivanti-Lindau rimane particolarmente colpita dalle illustrazioni dell’Inferno del professor Scaramuzzo di Parma, da lei considerate ‘the gems of the whole exhibition’ tanto che si fa spedire da Parma, ‘as they could not be bought in Florence’, copie di fotografie ritraenti quelle illustrazioni: tali fotografie, dichiara Vivanti-Lindau, ‘are the most precious remembrances to me of the Dante festival’.Footnote149 L’autrice del Journey descrive poi la stanza in cui si trovano esposti i manoscritti della Commedia, inclusi alcuni ‘by the Divine Poet himself’ che ella osserva ‘with awe and reverence’, e la collezione di armi, gioielli e altri manufatti risalenti al periodo medioevale e, in particolare al tempo di Dante, che, commenta la letterata, ‘in connexion with him, acquired a new interest’.Footnote150 Viene infine rilevata la presenza della spada con cui la città di Firenze omaggia il suo re. Vivanti-Lindau nota che sui due lati della ‘beautiful sword’ sono iscritte le parole ‘Dante to the first King of Italy’, da una parte, e i versi del sesto canto del Purgatorio – ‘Vieni a veder la tua Roma, che piagne | Vedova, sola, e dì e notte chiama: | Cesare mio, perchè non m’accompagne?’Footnote151 – dall’altra, cui la letterata era certamente sensibile in modo particolare.Footnote152

Alla descrizione dell’Esposizione segue quella delle altre iniziative meno impegnate che caratterizzarono il festival, tra cui ‘balls, races, regattas, and tournaments’,Footnote153 ma, come sappiamo dai resoconti, anche ‘bingo games, lotteries’,Footnote154 giudicate da Vivanti-Lindau iniziative frivole e incompatibili con una celebrazione che doveva essere seria e solenne:

What those things could have to do with Dante, it would be difficult to say; for the love of God, of his country, and poetry, the three great elements of which the soul of the Divine Poet seems to have been composed, are not very intimately connected with these kinds of amusements. I think therefore they were out of keeping, and might as well have been omitted. A Dante festival, although rightly of a cheerful and joyful character, ought, it seems to me, always to be tempered by seriousness, and free from frivolity.Footnote155

Anche in questa circostanza, la letterata tedesca si fa portavoce di pareri condivisi da altri. Conti riporta che furono in diversi a manifestare ‘critiche e perplessità sul modo di rendere onore a Dante’.Footnote156 Se Pietro Fraticelli, dantista e accademico della Crusca, ‘stigmatizzò il programma come “indecente”’, accusando che si volevano spendere ‘troppi denari in bagordi’ e che non vi era ‘nessuna dignità’, il cavaliere Verano Casanova giudicava che ‘i balli non sono convenienti, che incoronare la statua colossale del Poeta diventa ridicolo, che infine le Feste diurne che si propongono sono mascherate e nulla più’.Footnote157

Dopo essersi dilungata sui due balli del festival, il ‘grand ball’ e il ‘popular ball’, dichiarando la sua preferenza per il secondo, Vivanti-Lindau rievoca la serie di tableaux vivants andati in scena al Teatro Pagliano con cui il festival si concluse ‘not unworthily’.Footnote158 I tableaux, recitati da attori del calibro di Adelaide Ristori, Tommaso Salvini, Ernesto Rossi, illustrano episodi della vita di Dante e della Commedia, e sono considerati da Vivanti-Lindau ‘charming’, ‘lovely’, ‘effective’.Footnote159 Se consideriamo le implicazioni antipapali del tableau dedicato al primo canto dell’Inferno recitato da Salvini, dove il veltro dantesco viene associato alla figura di Vittorio Emanuele in opposizione alla lupa-Chiesa,Footnote160 non abbiamo difficoltà a cogliere l’‘effectiveness’ che Vivanti-Lindau doveva scorgere in tali messinscene. Particolare menzione è riservata ai tableaux dedicati alle figure di Pia de’ Tolomei e della ‘unhappy Francesca da Rimini’, le cui parole ‘Nessun maggior dolore, | Che Ricordarsi del tempo felice, | Nella miseria’, finiscono per commuovere la letterata tedesca (‘Those sad words […] moved me to tears’).Footnote161 Chiudendo il suo report sul festival dantesco, così come l’aveva aperto, nel nome della lettura politico-risorgimentale di Dante, padre e profeta dell’unità italiana, Vivanti-Lindau riporta infine ‘the cheers which were so liberally bestowed upon these recitations’, i quali, ella osserva, ‘became most enthusiastic whenever the words could be interpreted so as to allude to the great political events and ideas of the day’.Footnote162 A parole quali ‘Infin che ’l Veltro, | Verrà, che la farà morir di doglia’ (da Inferno, I) e ‘Vieni a veder la tua Roma, che piagne, | Vedova, sola, e dì e notte chiama: | Cesare mio, perchè non m’accompagne?’ (da Paradiso, VI), il pubblico, scrive la letterata tedesca, ‘forgot the “Divina Commedia” and the actors, and loudly cheered the King, who was present at the representation, and had been received with loud and continuous cheers when he entered his box’.Footnote163

Conclusione

Riassumendo, il resoconto di Vivanti-Lindau fornisce un prezioso documento esemplificativo della ricezione ottocentesca di Dante, mostrando quanto l’interpretazione politica di Dante come esempio di libertà e padre e profeta d’Italia fosse particolarmente accolta al di là dei confini italiani, dove continuava a vigere un certo ritardo nella promozione e nello studio della sua figura e della sua opera. Ciò fu particolarmente vero per l’Inghilterra vittoriana in cui la letterata tedesca si trovava a vivere negli anni in cui visitò Firenze. Lì, il culto di Dante sembrò fare tutt’uno con il culto di un eroe del Risorgimento quale Garibaldi, sfociando in una duplice celebrazione che permise all’Inghilterra di scoprire un aspetto sconosciuto del suo carattere nazionale, l’entusiasmo, e dinanzi a cui l’Italia fu chiamata a fronteggiare tutta la sua negligenza. Vivanti-Lindau diede voce a questa duplice celebrazione, offrendo il suo particolare elogio a un poeta che per fu per lei l’incarnazione della poesia e della libertà civile.

A chiusura di questo contributo, mi preme riferire un’osservazione che la letterata tedesca fa in altro luogo del Journey, quando racconta del viaggio tra Costantinopoli e Napoli. In quell’occasione ella si trova a condividere il viaggio in barca con una donna nera, ‘the “jeune demoiselle”, as we called the black person’ e commenta in questi termini la sua presenza:

In looking at the African I felt more than ever, that, although in theory the Americans may be to blame for their manifest dislike to the Negroes; in practice I should find it very difficult not to do as they do, and avoid any intercourse with them. And I admired more than ever the heavenly kindness of Mrs. Beecher Stowe’s little Eva, who broke her heart at the fate of this race.Footnote164

Come emerge dal brano, la riluttanza di Vivanti-Lindau nei confronti della donna è esplicita. Il pericolo che un’esaltazione politica si trasformi in nazionalista, e spesso razzista, finendo per discriminare quanti non rispecchiano quella nazione e/o razza, la storia insegna, è sempre dietro l’angolo, e lo fu senz’altro nella seconda metà dell’Ottocento, in piena temperie darwinista. Vivanti-Lindau non fu esente da tale pericolo e il suo commento lo dimostra, illustrando appieno le incongruenze del periodo in cui visse. La contraddittorietà della letterata tedesca è acuita dal fatto che, piuttosto sorprendentemente, ella si trova a discriminare proprio nel nome di colui che riveste ai suoi occhi il massimo esempio della libertà, Dante:

I forget at this moment, if, according to Mr. Darwin’s theory, we have a common origin with them, or are descended from them. In the latter case I hope nobody will ever ask me the question Farinato addresses to Dante in the Inferno: ‘Chi fur i maggior tuoi’ – as I should be rather ashamed to mention these ancestors.Footnote165

Le vie dell’interpretazione, e dell’appropriazione, sono infinite, e come puntualizza Kay in riferimento alle successive fortune e riprese del poeta, Dante è stato considerato ‘the Architect of the Italian Unification’ ma anche del ‘Fascism’.Footnote166

Disclosure Statement

No potential conflict of interest was reported by the author(s).

Additional information

Funding

This work was supported by the Arts and Humanities Research Council.

Notes

1 In Izumi Ōmura et al., Familie Marx Privat: Die Foto-Und Fragebogen-Alben Von Marx’ Töchtern Laura Und Jenny: Eine Kommentierte (Berlin: Akademie, 2005), p. 332.

2 In uno scritto rivolto a Carducci, Annie Vivanti rievoca la sua infanzia ricordando la ‘dolce mamma tedesca’ che ‘parlava di poesia italiana con suo fratello Rudolph Lindau’ (Annie Vivanti, ‘Giosuè Carducci’, Nuova Antologia, 208 (1906), 369–80, p. 369). Per una ricostruzione più dettagliata della biografia di Vivanti-Lindau e del suo soggiorno inglese, rimando a Frances Clemente, ‘A Journey to Crete, Constantinople, Naples and Florence. Three Months Abroad di Anna Vivanti-Lindau. Impressioni di una letterata tedesca sulla Napoli del secondo Ottocento’, Intersezioni. Rivista di Storia delle Idee, XLI.1 (aprile 2021), 25–43.

3 Anna Vivanti-Lindau, Der Herr und seine Leidenschaft. Novelle, in Der Salon für Literatur, Kunst und Gesellschaft (Leipzig: Verlag von A. H. Payne, 1878), Band 1, pp. 513–30; Anna Vivanti-Lindau, Neue Märchen (Verlag Schottländer: Breslau, 1887), Illustrationem von Christian Wilhelm Allers; Geoffrey Chaucher, Ein Apriltag, trad. da A. Vivanti-Lindau, in Der Salon für Literatur, Kunst und Gesellschaft (Leipzig: Verlag von A. H. Payne, 1876) Band II, p. 794; Edgar Allan Poe, Der Rabe, trad. da A. Vivanti-Lindau, in Der Salon für Literatur, Kunst und Gesellschaft (Leipzig: Verlag von A. H. Payne, 1878), Band I, pp. 355–57.

4 Giosuè Carducci, ‘Liriche di Annie Vivanti’, Nuova Antologia, XXVII.III (1890), 748–49, poi in Giosuè Carducci, Edizione nazionale delle Opere di Giosuè Carducci (Bologna: Zanichelli, 1937), pp. 441–42.

5 Karl Marx, Letters to Dr. Kugelmann (London: Martin Lawrence, 1934), p. 101.

6 Ōmura et al., p. 332.

7 Cfr. Giosuè Carducci e Annie Vivanti, Addio caro Orco: Lettere e Ricordi (1889–1906) (Milano: Feltrinelli, 2004), pp. 247–48.

8 Su Dante come padre, profeta e simbolo della nazione italiana rimando a Erminia Irace, Itale glorie (Bologna: Il Mulino, 2003); Thies Schulze, Dante Alighieri als nationales Symbol Italiens (1793–1915) (Tübingen: Max Niemeyer, 2005); Gian Mario Cazzaniga, Dante profeta dell’Unità d’Italia, Storia d’Italia. Annali 25 (Torino: Einaudi, 2010), pp. 457–475; Sarah Finn, ‘Padre della nazione italiana’: Dante Alighieri and the Construction of the Italian Nation, 1800–1945, tesi di dottorato, 2019, University of Western Australia, Enrico Ghidetti e Elisabetta Benucci (eds.), Culto e mito di Dante dal Risorgimento all’Unità. Atti del Convegno di studi, Firenze, Società dantesca italiana, 23–24 novembre 2011 (Firenze, RM Print Editore, 2012); Alfredo Cottignoli, ‘La Bibbia degli Italiani’. Dante e la ‘Commedia’ dal Trecento a oggi (Ravenna: Pozzi, 2021); Fulvio Conti, Il Sommo Italiano: Dante e L’identità Della Nazione (Roma: Carrocci, 2021). Per una nuova trattazione dei rapporti tra Dante e l’identità nazione italiana a partire dal processo unitario rimando al progetto monografico di Tristan Kay The Poet and the Nation: Dante and the Idea of Italy.

9 Federica Coluzzi, Dante Beyond Influence: Rethinking Reception in Victorian Literary Culture (Manchester: Manchester University Press, 2021), p. 158.

10 Faccio riferimento all’edizione critica del Witte del 1862 e alle Contributions to the Textual Criticism of the Divina Commedia di Edward Moore (1889). A tale proposito, Fournier-Finocchiaro segnala che ‘Carducci critique le retard italien dans l’établissement d’une édition critique de la Comédie, notamment par rapport à Londres et Berlin’ (Laura Fournier-Finocchiaro, Le culte de Dante dans l’Italie postunitaire in Levillain, Henriette, Dante et ses lecteurs (du Moyen âge au XXe siècle) (Poitiers: La Licorne, 2001), pp. 65–77, p. 67). Colgo qui occasione per ringraziare Laura Fournier-Finocchiaro per avermi fatto gentilmente e prontamente pervenire il suo contributo sul culto di Dante nell’Italia postunitaria.

11 Pietro Mugna, ‘Dante Alighieri in Germania’, Giornale Caffè Pedrocchi, II.40 (3 ottobre 1847), 335–37, p. 335.

12 L’articolo è, Dante oblige, preceduto dall’epigrafe ‘Tutti l’ammiran, tutti onor gli fanno’ (da Inferno IV).

13 Insistendo sul ritardo italiano, Mugna afferma che ‘[q]uesto gran fare e studiare degli stranieri anche intorno alle cose nostre ci dee essere di emulazione e d’incitamento’ (Mugna, ‘Dante Alighieri in Germania’, p. 337). Quasi un secolo dopo Dionisotti lamenterà esplicitamente ‘l’esilità fino al tardo Ottocento del contributo italiano agli studi propriamente storici […] su Dante’ e la ‘subordinazione di tale contributo alle direttive e ricerche di studiosi stranieri’ (pp. 577–78).

14 Mugna, p. 336. Mugna avrebbe poi dedicato un intero saggio ai rapporti tra Dante e la nazione tedesca: Dante Allighieri in Germania (Padova: Prosperini,1869). Sulla presenza di Dante in Germania nell’Ottocento vedi Werner P. Friederich, Dante’s Fame Abroad 1350–1850 (Chapel Hill, NC: University of North Carolina Press, 1950), pp. 384–440; Eva Hölter, ‘Dante’s Long Road to the German Library: Literary Reception from Early Romanticism Until the Late Nineteenth Century’, in Aida Audeh and Nick Havely (eds.), Dante in the Long Nineteenth Century: Nationality, Identity, and Appropriation (Oxford: Oxford University Press, 2012), pp. 225–47; Alfred Noe, ‘Dante Alighieri and German Romanticism’, in Nick Havely, Jonathan Katz, and Richard Cooper, (eds.) Dante Beyond Borders: Contexts and Reception (Cambridge: Legenda, 2021), pp. 228–39; and Karl Philipp Ellerbrock, ‘Dante’s Presence in Weimar around 1800’, in Havely, Katz, and Cooper (eds.), Dante Beyond Borders, pp. 240–51.

15 Come scrive Caesar, ‘the nineteenth century is the “century of Dante”’ (Michael Caesar, Dante: The Critical Heritage (London: Routledge, 1989), p. 56).

16 Il primo saggio che Schlegel dedica alla Divina Commedia è del 1791; secondo Caesar è a quella data che risale ‘the emergence of a strong German interest in Dante’ (Caesar, p. 50). Come riporta Havely, Schlegel individua in Dante ‘the first great Romantic poet’ (Nick Havely, Introduction in Nick Havely (eds.), Dante in the Nineteenth Century. Reception, Canonicity, Popularization (Bern and Oxford: Peter Lang, 2011), p. 2.

17 Arturo Farinelli, Dante in Spagna-Francia-Inghilterra-Germania (Dante e Goethe) (Torino: Bocca, 1922), p. 23.

18 Giovanni Andrea Scartazzini, Dante in Germania (Milano: Hoepli, 1881–1883), I–II, I, p. 4. I periodi sono, in ordine cronologico: ‘I primordj’ (1300–1824), ‘Il profondarsi nell’intelligenza di Dante’ (1824–1850), ‘Il predominio della Storia e filologia’ (1850–1864); ‘L’entusiasmo dantesco’ (1865) – si noti che ‘[l]’anno del Centenario, cioè il sessantacinque; forma solo il quarto periodo’ (Scartazzini, Dante in Germania, I, p. 6); ‘L’assiduità letteraria’ (1865–1876).

19 Scartazzini, Dante in Germania, I, p. 5.

20 Paul diventerà il direttore di prestigiose riviste letterarie e autore di opere teatrali e racconti, mentre Rudolph, sebbene perseguirà la carriera diplomatica, continuerà a frequentare assiduamente i salotti letterari di tutta Europa, divenendo autore di una cospicua produzione letteraria.

21 Caesar, p. 61. Purtroppo, non mi è stato dato di trovare materiale d’archivio sullo sviluppo del ‘dantismo’ di Vivanti-Lindau.

22 Carlo Bartsch, ‘La vita della donna Italiana nel secolo di Dante’, Nord e Süd. Rivista tedesca mensile diretta da Paolo Lindau, X.30, (settembre 1879), Breslavia, Schottlaender, pp. 352–65; Giovanni Andrea Scartazzini, ‘La moglie di un gran poeta (Gemma donati)’, Gegenwart. Rivista settimanale di letteratura, Arte e Vita diretta da Paolo Lindau, XV.8–9, (1879), Berlino, Stilke, pp. 121–23, 135–38. Un altro contributo critico su Dante accolto da Paul Lindau nel suo periodico Nord e Süd è quello di Paul Heyse: ‘Eine Dante-Lectüre. Charakterbild in einem Act’. Nord e Süd, XXXVIII (luglio 1886) Breslavia, Schottlaender, pp. 77–96.

23 Scartazzini, Dante in Germania, I, p. 285.

24 Tra il febbraio del 1865 e l’ottobre del 1872, Jenny intervista una serie di figure gravitanti attorno alla famiglia Marx, tra cui Anselmo, Anna e una certa Lulu Vivanti, identificata come sorella o figlia di Anselmo. Nel questionario di Anna, datato 11 Ottobre 1870, il nome di Dante è assente e compare più volte quello di Goethe: ‘<If you could> With whom would you like to change your identity?: With Goethe’s; Where would you like to live: In no place always; Favorite author: Goethe; poet: Goethe’ (in Ōmura et al., p. 333). Carducci ricorda come Vivanti-Lindau insegnasse alla piccola Annie versi del Pescatore di Goethe (Carducci, ‘Liriche di Annie Vivanti’, p. 748).

25 Cfr. Paul Friederich Werner, Dante’s Fame Abroad. 1350–1850 (Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 1950), p. 450.

26 Cfr. Ernesto Guidorizzi, ‘Goethe e Dante (Con Il Saggio Di Goethe Su Dante)’, Lettere Italiane, 42.3 (1990), pp. 414–29.

27 Mario Apollonio, Dante. Storia della ‘Commedia’ (Milano: Vallardi, 1954), vol. 2, p. 1243.

28 Caesar, p. 50.

29 Nick Havely, Dante’s British Public (Oxford: Oxford University Press, 2014), p. 128. A proposito dell’adozione di Dante come alter-ego di Foscolo in quanto figura di esiliato per eccellenza, Havely ricorda come ‘[w]hilst on the run, as a wounded soldier of the Italian national Guard in 1799, Foscolo […] had himself taken the name of “Lorenzo Alighieri”’ (Havely, Dante’s British Public, p. 130).

30 Nick Havely and Francesca Franciosa, Exile, Language and History in Foscolo’s Articles on Dante, in Nick Havely (ed.), Dante in the Nineteenth Century. Reception, Canonicity, Popularization (Bern and Oxford: Peter Lang, 2011), pp. 55–74, p. 56. Vedi Havely (ed.), Dante in the Nineteenth Century. Reception, Canonicity, Popularization, sulle tappe del processo di questa promozione, includente anche delle lectures pubbliche a pagamento.

31 Jossa fa riferimento al ‘process of “deliterarization” in favour of a process of “politicization”’ che interessa Dante nell’Ottocento (Jossa, Stefano, ‘Politics vs. Literature: The Myth of Dante and the Italian National Identity’ in Audeh and Havely (eds.), Dante in the Long Nineteenth Century, pp. 30–50, p. 31.

32 Caesar, p. 63.

33 Maurizio Isabella, ‘Exile and Nationalism: The Case of the Risorgimento’, European History Quarterly, 36 (2006), pp. 493–520, p. 498.

34 Caesar segnala come passaggi dell’opera dantesca sensibili alla tematica dell’esilio, quali quelli nella Lettera all’amico fiorentino, erano ‘beloved too of non-Italian exiles, Karl Marx and Heinrich Heine among others’ (p. 64).

35 Havely, Dante’s British Public, p. 132.

36 Citato in ivi, p. 132.

37 Jossa, p. 31. Va specificato che tra gli italiani, Dante veniva preso ad esempio sia dalla corrente ghibellina (vedi Foscolo, Mazzini, Settembrini) che da quella guelfa (da Gioberti a Giuliani), che trovavano così, come sottolinea Tobia, ‘un punto in comune […] nella concordanza di un mito letterario e politico’, di una ‘figura emblematica della storia d’Italia, riassuntiva dei suoi caratteri distintivi’ (Bruno Tobia, ‘La statuaria dantesca nell’Italia liberale: tradizione, identità e culto nazionale’, Mélanges de l’École Française de Rome. Italie et Méditerranée, 109.1 (1997), pp. 75–87, p. 75; vedi anche Bruno Tobia, Le feste dantesche di Firenze del 1865 in Eugenia Querci, Dante vittorioso: Il mito di Dante nell’Ottocento (Torino, New York: Umberto Allemandi, 2011), pp. 31–34). Dionisotti rimarca, in termini ancora più generali, come il mito dantesco ‘contribuì potentemente a reprimere e restringere nei limiti della lotta politica lo spirito di parte degli Italiani’, come ‘puristi e antipuristi, classicisti e romantici, cristiani e miscredenti, reazionari e liberali, neoguelfi e neoghibellini mirabilmente si incontravano e accordavano nel culto di Dante’ (Carlo Dionisotti, Varia fortuna di Dante in Geografia e storia della letteratura italiana (Torino: Einaudi, [1967]) EBook, pp. 556–666, p. 610).

38 Havely, Dante’s British Public, p. 147.

39 Anne Isba, Gladstone and Dante: Victorian Statesman, Medieval Poet (London: Royal Historical Society, 2006), p. 2. Sul rapporto Gladstone-Dante vedi anche Coluzzi, Dante beyond Influence Rethinking Reception in Victorian Literary Culture (Manchester: Manchester University Press, 2021).

40 Ivi, p. 3.

41 Havely, Dante’s British Public, p. 187.

42 Nel questionario di Anselmo, datato dopo il 1868 e includente un suo ritratto, si legge, tra le varie cose, ‘your chief characteristic: perseverance; idea of happyiness: Dolce far niente; prose writer: Macaulay; poet: Dante; maxim: Deeds not words; motto: What you can do to-day, do not put off till to-morrow‘ (in Ōmura et al., p. 321).

43 È significativo che questo italiano che ‘interpretò i sentimenti degli Italiani dimoranti a Londra’ (Michele Rosi, ‘Le ceneri di Ugo Foscolo in Santa Croce’, Archivio Storico Italiano, 50.268 (1913), pp. 280–313, p. 301) fu tra coloro che nel 1871 si occuparono del trasferimento da Londra a Firenze del feretro di colui che, tra i primi, aveva diffuso il verbo dantesco nell’Inghilterra vittoriana: Foscolo. Sul discorso pronunciato da Vivanti in occasione del trasferimento delle spoglie di Foscolo vedi Rosi.

44 Isba scrive che ‘[t]hroughout the nineteenth century Dante was a popular image in Britain […] particularly for the Pre-Raphaelites and especially in the context of the Risorgimento’ (p. 3). Le due visioni potevano scontrarsi: Sarti ricorda come la prima esegesi alla Commedia di Gabriele Rossetti, datata 1826–1827, fu contestata da Panizzi per il suo ‘approccio esoterico’ e come il mito dantesco sia stato vissuto dal figlio Gabriel Rossetti come ‘una necessità profonda di natura psichica’ (Maria Giovanna Sarti, ‘Gabriele Rossetti e la dantefilia tra Italia e Inghilterra’ in Querci, pp. 81–90; p. 82; p. 86) – sul dialogo tra Dante e il pittore preraffaellita rimando a Fabio Camilletti, Ninfa fiorentina: The Falling of Beatrice from Florence to Modern Metropolis in Nick Havely (eds.), Dante in the Nineteenth Century. Reception, Canonicity, Popularization, pp. 117–35; Fabio Camilletti, The Portrait of Beatrice. Dante, D. G. Rossetti, and the Imaginary Lady (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 2019); e Paolo De Ventura, La leggenda di Rossetti e la voce di Dante (Lanciano: Carabba, 2021). È interessante notare che entrambi i miti danteschi facciano capo a esuli italiani trasferitisi in Inghilterra.

45 Scartazzini indica che tra il 1850 e il 1864, ‘la Germania incominciò a contrastare il primato nella scienza dantesca a tutte le altre nazioni, non esclusa la stessa Italia’ (Dante in Germania, I, p. 6); lo stesso può dirsi, soprattutto a livello di ricezione popolare, dell’Inghilterra.

46 Sulla questione dell’‘italofilia’ vedi Elena Bacchin, Italofilia: Opinione pubblica britannica e Risorgimento italiano (Torino: Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 2014).

47 Caesar dichiara che ‘[b]y the middle of the century, Dante was a best-selling author, and one so established that publishers could count on making a steady return on the publication of his works’ (p. 66).

48 Rossella Bonfatti, ‘Performing Dante or Building the Nation? The Divine Comedy between Dramaturgy of Exile and Public Festivities’, Mediaevalia, 38 (2017), pp. 37–67, p. 39.

49 Anne Laurence, Exploiting Dante: Dante and his Women Popularizers, 1850–1910 in Nick Havely, (eds.), Dante in the Nineteenth Century. Reception, Canonicity, Popularization (Bern and Oxford: Peter Lang, 2011), pp. 281–301, p. 281.

50 Coluzzi, Dante beyond Influence, p. 8.

51 Bonfatti, p. 40. Bonfatti insiste sull’‘important process of cultural mediation carried out by exiles, combining philological and academic interest with the popularization of Dante’s work’, segnalando, in particolare, le celebri dantate dell’attore e patriota Gustavo Modena, performances, va sottolineato, caratterizzate da ‘anticlerical accentuations’ (p. 40).

52 Laurence, p. 281.

53 Coluzzi, Dante beyond Influence, p. 11.

54 ‘Allg. Ztg, – In letzterer mache ich Dich auf einen interessanten Aufsatz über Danteaufmerksam. Dein Dante- und Virgillesen mit Frau Vivanti macht mir große Freude. Empfiehl mich der verehrten Frau recht sehr. Stuttgart, 2. Dezember 1868’ (Freiligrath, Ferdinand e Freiligrath, Ida Melos (Frau), Freiligrath-Briefe (Stuttgart: J. G. Cotta’sche Buchhandlung Nachfolger, 1910), p. 166). Secondo quanto riporta Werner, Ferdinand Freiligrath è, come Vivanti-Lindau, un ‘great admirer of Dante’ (p. 481).

55 Laurence, p. 282.

56 Barbara Dawes, La Rivoluzione Turistica: Thomas Cook e il Turismo Inglese in Italia nel XIX secolo (Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2003), p. 18. Per la rivoluzione turistica che interessò gli anni centrali dell’Ottocento rimando a Dawes, Dieter Richter, Napoli cosmopolita. Viaggiatori e comunità straniere nell’Ottocento (Napoli: Electa, 2002) e John Pemble, The Mediterranean Passion (London: Faber and Faber, 2015). Per l’impatto e l’influenza che questa rivoluzione ebbe sul viaggio dei Vivanti rimando a Clemente.

57 Cfr. Christoph Lehner, Depicting Dante in Anglo-Italian Literary and Visual Arts. Allegory, Authority and Authenticity (Newcastle upon Tyne: Cambridge Scholars Publishing, 2017), pp. 114–115 e Isba, p. 26.

58 E, come tiene a specificare Vivanti-Lindau, i coniugi Vivanti sono dei ‘first class passengers’ (Anna Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, Costantinople, Naples and Florence. Three Months Abroad (London, 1865), p. 42.

59 Lehner, p. 126.

60 Ivi. Sul sasso vedi Smith, Graham, The Stone of Dante and later Florentine celebrations of the poet (Firenze: Olschki, 2000) and Graham Smith, ‘The Holy Stone where Dante Sat: Memory and Oblivion’, in Audeh and Havely, Dante in the Long Nineteenth Century, pp. 89–110; sul più generale contesto monumentale fiorentino ottocentesco vedi Anne O’Connor, Florence: City and Memory in the Nineteenth Century (Firenze: Città di Vita, 2008).

61 Facendo riferimento a Moe e alla sua tesi per cui ‘the Grand Tourists’ description of Italy determined the ways in which Italians defined themselves in the long nineteenth century’, O’Connor individua nel monumento dantesco in Santa Croce del 1830 uno degli esempi attraverso cui ‘the outsiders’ gaze had an influence on local perceptions’ by ‘provoking and encouraging […] interest in Dante’ (Anne O’Connor, ‘Dante Alighieri – from Absence to Stony Presence: Building Memories in Nineteenth-Century Florence’, Italian Studies, 67.3 (2012), pp. 307–35; pp. 315, 335.

62 Come nota Isba, la scoperta fu fatta da un anglo-fiorentino, Seymour Kirkup, e per questo ‘helped to increase interest in Dante in the Anglo-Saxon world in particular’ (p. 26). Dante Gabriel Rossetti, per esempio, realizza un dipinto in cui Giotto disegna Dante. Sulla scoperta di Kirkup vedi Maria Grazia Proli, ‘Seymour Stocker Kirkup un pittore inglese a Firenze e il mito di Dante’, Nuova Antologia, 617.3, 2279, (2016), pp. 372–880.

63 Lehner, p. 126.

64 Ivi, p. 127.

65 Isba, p. 44.

66 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 1.

67 Per un approfondimento sulla sosta napoletana del viaggio dei Vivanti rimando a Clemente.

68 Chapter I ‘From London to Crete’; chapter II ‘Crete, or the Enchanted Island’, chapter III ‘Constantinople, chapter IV ‘From Constantinople to Florence’.

69 Il titolo è seguito dall’epigrafe dantesca ‘Del bel paese la dove il sì suona’ (Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 157).

70 Ivi, p. 155.

71 Ivi, p. 156.

72 Ivi, p. 157.

73 ‘Although rather averse to early rising in England, it cost me no effort here. The thought of going to Florence roused me’ (ibidem).

74 Caesar, p. 70.

75 Cfr. Bonfatti, p. 37; Mary Bradford Whiting, ‘The Dante Sexcentenary of 1865’, Music & Letters, 2.2 (1921), pp. 172–82, p. 172.

76 Gustavo Strafforello, ‘La festa secolare di Schiller’, Rivista contemporanea, 18.7 (1859), pp. 438–44, p. 444, citato in Fulvio Conti, Italia immaginata. Sentimenti, memorie e politica fra Otto e Novecento (Pisa: Pacini, 2017), p. 91. Di Conti vedi anche Conti, Fulvio, ‘Maggio 1865: Firenze capitale e l’Italia celebrano Dante a 600 anni dalla nascita’, Portale Storia di Firenze, Maggio 2015, http://www.storiadifirenze.org/?temadelmese=maggio-1865-firenze-capitale-e-italia-celebrano-dante-a-600-anni-dalla-nascita e Conti, Fulvio, ‘L’inaugurazione simbolica di Firenze capitale: il monumento a Dante in piazza Santa Croce’ in Rogari, Sandro (ed.), Questioni nazionali e questioni locali nell’anno di Firenze capitale, Atti del convegno di studi, Firenze, 29–30 ottobre 2015 (Firenze: Polistampa, 2016), pp. 69–81. Sui centenari danteschi vedi Rajna, Pio, ‘I centenari danteschi passati e il centenario presente’, Nuova Antologia, fasc. 1179 (1° maggio, 1921), pp. 3–23.

77 Caesar, p. 70.

78 Dionisotti, p. 611.

79 Conti, Italia immaginata, p. 90.

80 Dionisotti, p. 625.

81 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, pp. 157–58. Si noti il riferimento alla ‘honeymoon-love’, calzante se consideriamo che i coniugi Vivanti si trovavano proprio in un viaggio di luna di miele.

82 Francesco Candiani, L’inferno di Dante esposto in dialetto milanese (Milano: Candiani, 1860), p. VI.

83 Ivi, pp. VI–VII.

84 Fulvio Conti, Il Sommo Italiano, p. 64.

85 Citato in ibidem.

86 Fournier-Finocchiaro, p. 70.

87 ‘Had the anniversary happened in December or January, where could the flowers have come from, and the glory of the golden sunshine round Dante’s statue. A pelting rain might easily have damped the enthusiasm of his countrymen, as it would most certainly have spoiled the pretty bonnets of his fair compatriots, that made so nice a show in seats round the Piazza Santa Croce’ (Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, pp. 158–59).

88 Ivi, pp. 158–62.

89 Ivi, p. 163.

90 Ivi, p. 164.

91 Ibidem.

92 Il riferimento alla citazione è errato da parte di Vivanti Lindau: questi e i versi successivi non appartengono a Purgatorio, Canto 26, ma Purgatorio, Canto 16.

93 Ivi, pp. 164–66.

94 Alison Milbank, Dante and the Victorians (Manchester: Manchester University Press, 1998), p. 4.

95 Henry Francis Cary, The Vision; or Hell, Purgatory, and Paradise, of Dante Alighieri (London: Barfield, 1814), 3 voll. La versione letta da Vivanti-Lindau è presumibilmente quella edita nel 1850.

96 Caesar, p. 53.

97 Milbank, p. 40. Sul Dante di Cary vedi anche Edoardo Crisafulli, The Vision of Dante: Cary’s Translation of the Divine Comedy (Harborough: Troubador, 2003).

98 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p.167. Tra tali donne Vivanti-Lindau identifica, in particolare, l’attrice Adelaide Ristori, ‘who walked along with the grace and dignity of a queen’ (ibidem).

99 Ibidem. Al corteo parteciparono complessivamente ‘rappresentanti di 543 municipi, 31 consigli provinciali, 107 accademie e atenei, 155 scuole di vario genere, 184 società operaie di mutuo soccorso e fratellanze artigiane, e di decine di altre istituzioni, accompagnati da bande musicali e da 15 corpi della Guardia nazionale.’ (Conti, Il Sommo Italiano, p.61).

100 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 167.

101 Ivi, p. 168.

102 Ibidem.

103 Ibidem.

104 Conti, Italia immaginata, p. 93.

105 Conti, Il Sommo Italiano, p. 65.

106 Tobia, p. 79.

107 Fournier-Finocchiaro, p. 71.

108 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 169.

109 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 169.

110 ‘[U]na soluzione di ripiego’ che finì per essere ‘il solo omaggio di natura architettonica e monumentale realizzato a Firenze nel 1865’ (Conti, Il Sommo Italiano, p. 54).

111 Tobia, p. 76.

112 Cfr. Fournier-Finocchiaro, p. 71 e Conti, Italia immaginata, p. 92; Conti, Il Sommo Italiano, p. 61.

113 Fournier-Finocchiaro, p. 70.

114 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 169.

115 Il conte Cambray-Digny celebrava in Dante ‘the first Italian man of letters to write in the vernacular’, acclamandolo ‘as the giver of a common tongue to disunited Italy, a gift which carried with it the spirit of a common nationality’: Dante non stava venedo onorato soltanto come poeta e filosofo, ‘but as the prime mover of the Risorgimento’ (Bradford Whiting, p. 174).

116 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 170.

117 Ibidem.

118 Ibidem.

119 Conti, Il Sommo Italiano, p. 61.

120 Caesar osserva che ‘the stage (Piazza Santa Croce) was set for a ritualistic enactment of centralism: all eyes focused on the king, the statue rising totemically from the middle of the theatrical space, and the shining blade presented to the sovereign’ (p. 72). Sulla creazione di Garibaldi come ‘eroe’ vedi Lucy Riall, Garibaldi: Invention of a Hero (New Haven: Yale University Press, 2008).

121 Conti, Il Sommo Italiano, p. 65.

122 Ivi, p. 66.

123 Harry William Rudman, Italian Nationalism and English Letters (London: George Allen & Unwin LTD, 1940), p. 290.

124 Ivi, pp. 290, 302.

125 A seguito della quale, Elizabeth Barrett Browning scrisse: ‘We are all talking and dreaming Garibaldi just now in great anxiety. […] All modern heroes grow pale before him’ (citato in Ivi, p. 297).

126 Ivi, p. 308.

127 Sebbene dichiarò di recarvisi per consulti medici, il motivo che spinse l’eroe dei Mille a raggiungere le coste inglesi fu per convincere la regina a supportare, finanziariamente, la guerra dell’Italia contro l’Austria, e quindi, l’annessione di Venezia al regno neonato – ‘It was therefore neither his health nor the pleasures of adulation which took him to the British Isles, but rather the cause of Italian unity’ (Ivi, p. 319).

128 Conti, Il Sommo Italiano, p.66. Sulla visita di Garibaldi a Londra vedi Herzen, Aleksandr, Garibaldi a Londra, (Milano: Universale Economica, 1950) e Riall, Garibaldi: Invention of a Hero, pp. 330–44.

129 John Forster Forster, Leigh Hunt, e Albany William Fonblanque, ‘Garibaldi in London’, Examiner, 2933 (16 Aprile, 1864), pp. 248–49, p. 248.

130 Ibidem.

131 Si noti il possessivo riferito alla città inglese come se Garibaldi fosse eroe nazionale per l’Inghilterra.

132 Rudman, p. 321.

133 Ivi, p. 323.

134 Va detto che l’eroe risorgimentale non mancò di visitare la tomba dell’altro illustre patriota ed esiliato che lo precedette, Foscolo.

135 Tobia, p. 75.

136 Citato in Forster et al., p. 249. Insistendo sull’entusiasmo senza pari riservato da Londra all’eroe garibaldino, Rudman scrive che gli operai inglesi, in particolare ‘had given way, without reserve, to one of the greatest outbursts of delirious enthusiasm which England was ever to know’ (p. 322).

137 Forster et al., p. 248.

138 Citato in Milbank, p. 40.

139 Già Foscolo aveva intrattenuto il pubblico inglese con lectures su Dante, ma si trattava di un pubblico pagante selezionato. Le Barlow Lectures, inaugurate nel 1876 presso la University College di Londra, inaugurarono un’accessibilità sconosciuta a un certo tipo di divulgazione di Dante in inghilterra, stabilendo la rimozione della tassa d’iscrizione e la possibilità che entrambi i sessi partecipino alle lezioni. Cfr. Federica Coluzzi, ‘Dante in the Lecture Room: For a (Social) History of Teaching Dante in Nineteenth-century Britain’, Dante Studies, 137 (2019), 138–50, p. 143.

140 Va comunque detto che non mancarono italiani residenti sul territorio italiano che promossero Garibaldi come il vero mastro del risorgimento, favorendone l’identificazione con la figura di Dante. Tra questi il già menzionato Candiani, la cui traduzione dell’Inferno in milanese è significativamente dedicata a Garibaldi. Così si esprime nell’introduzione alla sua opera il traduttore dialettale: ‘Dante e Garibaldi! – Forse i due più grandi uomini che l’Italia abbia generato; due nomi, che l’antichità avrebbe divinizzato. A quello il pensiero, a questo l’esecuzione. Se Pitagora ancor fosse, direbbe che l’anima del primo nel secondo trapassò’. Or dunque a chi altri fuori che all’uomo integerrimo delle battaglie del popolo, la più viva incarnazione dell’Indipendenza Italiana, potev’io consacrare questo mio lavoro, che nel dialetto della città delle cinque giornate traduce l’anima di Dante, di cui è splendido riflesso l’Eroe Italiano?’ (Candiani, p. VIII).

141 Henry Clark Barlow, ‘Garibaldi the Veltro of Dante’, Athenaeum, 1738 (16 feb. 1861), pp. 230–31.

142 Ibidem.

143 Henry Clark Barlow, The Sixth Centenary Festivals of Dante Allighieri in Florence and Ravenna (London: Williams and Norgate, 1866), p. 37.

144 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, pp. 170–71.

145 Ivi, p. 171.

146 Ivi, p. 174.

147 Ibidem.

148 Ibidem.

149 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 175.

150 Ivi, pp. 175–76.

151 Ivi, p. 176.

152 Tornando a Garibaldi, si può dire che alla spada ricevuta da Vittorio Emanuele durante il seicentenario fa da contraltare significativo quella che l’eroe del risorgimento ricevette dagli italiani residenti a Londra in occasione della sua venuta nella capitale inglese. Cfr. Conti, Il Sommo Italiano, p. 65; Rudman, p. 324.

153 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 176.

154 Bonfatti, p. 49.

155 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, pp.176–77. Vivanti-Lindau doveva essersi ben ambientata nella cultura vittoriana, marcata di ipocrisia, se confessa subito dopo questo giudicio che lei stessa ‘went […] to look at these things whenever […] not too tired to do so’ (ivi, p. 177).

156 Conti, Il Sommo Italiano, p. 58.

157 Citato in ibidem.

158 Vivanti-Lindau, A Journey to Crete, p. 179.

159 Ivi, pp. 179–80. E questo non per meriti particolari degli attori italiani, su cui la letterata tedesa si esprime nei seguenti termini: ‘They are considered the first actors in Italy, but I cannot say that they pleased me’ (ivi, p. 181).

160 Vedi Michael Caesar, and Nick Havely, ‘Politics and Performance: Gustavo Modena’s dantate’, in Audeh and Havely (eds.), Dante in the Long Nineteenth Century, pp. 111–38, pp. 131–35.

161 Ivi, p. 180.

162 Caesar and Havely, p. 181.

163 Ibidem.

164 Caesar and Havely, p. 139.

165 Ivi, p. 140. Vivanti-Lindau si riferisce erroneamente al personaggio dantesco chiamandolo Farinato e non Farinata.

166 La citazione è senza riferimento poiché si tratta di una citazione orale che ho trascritto in occasione di un seminario dal titolo ‘Dante and the Idea of Italy’ che Kay ha tenuto a Oxford il 22 novembre 2021 e che ho avuto il piacere di ascoltare.