Tra memoria e resistenza: Una lettura spaziale delle Case della Vetra di Giovanni Raboni

ABSTRACT

La poesia di Giovanni Raboni è sempre stata connessa alla città di Milano fin dalla sua prima raccolta, Le Case della Vetra (1966), dove la città appare come una metropoli industriale e il luogo delle memorie dell’autore. Tradizionalmente la critica ha considerato Raboni un nichilista e ha interpretato il suo ritratto di Milano come quello di una città desolante e priva di speranza. Partendo da un testo dell’autore recentemente riscoperto, quest’articolo mette in dubbio una simile analisi e intende offrire una reinterpretazione spaziale della sua poesia. A tal proposito, le affinità tra Raboni e le teorie di Heidegger appaiono evidenti: secondo il filosofo tedesco, i poeti possiedono l’abilità di ‘imparare ad abitare’ un luogo attraverso la loro poesia. In tal senso, anche Raboni impara ad abitare Milano, vi forgia la propria identità e immagina un futuro dove gli individui possano vivere i moderni paesaggi urbani senza sacrificare la propria autenticità.

KEYWORDS:

• Raboni
• Milano
• Heidegger
• memoria
• poesia
• spazialità

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Notes

¹ L’edizione del 1966 viene pubblicata nella collana ‘Lo Specchio’ della casa editrice Mondadori. Nel presente articolo si fa sempre riferimento all’edizione presente nell’Opera poetica di Giovanni Raboni, a cura di Rodolfo Zucco (Milano: Mondadori, 2006).

² Luciano Anceschi utilizza per la prima volta l’espressione ‘linea lombarda’ per dare il titolo alla omonima antologia del 1952 (Varese, Magenta Editore), dove raccoglie le poesie di Vittorio Sereni, Roberto Rebora, Giorgio Orelli, Nelo Risi, Renzo Modesti e Luciano Erba, sottolineando come questi poeti condividano un’identità tematico – contenutistica che ha le proprie radici nelle opere di Parini e Manzoni.

³ Giovanni Raboni, ‘Autoritratto’, L’Approdo letterario, 12 (1977), pp. 253–60 (p. 255).

⁴ Giovanni Raboni, ‘Lo stratagemma della Passione’, in Le parole del sacro: l’esperienza religiosa nella letteratura italiana, a cura di Giovanna Ioli (Novara: Interlinea, 2003), pp. 47–49 (p. 48).

⁵ Guido Mazzoni, ‘La poesia di Giovanni Raboni’, Studi Novecenteschi, 19 (1992), pp. 257–99 (p. 261).

⁶ Raboni, L’opera poetica, p. 1422.

⁷ I Novissimi. Poesie per gli anni 60 (Milano: Rusconi, 1961) è il titolo di un’antologia diretta da Alfredo Giuliani, a cui parteciparono Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini e Antonio Porta. In seguito, i poeti di questa raccolta iniziarono a definire se stessi come Novissimi, in opposizione alla poesia tradizionale, definita da Giuliani ‘contemplativa’ (I Novissimi, p. xviii). Di contro, i Novissimi vogliono dare vita a una poesia del ‘fare’ (Ibid., xviii), che rispecchi la società contemporanea.

⁸ Enrico Testa, Dopo la lirica: poeti italiani 1960–2000 (Torino: Einaudi, 2005), p. x.

⁹ Anna Chella, Giovanni Raboni poeta e lettore di poesia (1953–1966) (Firenze: Firenze UP, 2017), pp. 353–54.

¹⁰ Martin Heidegger, ‘Costruire abitare pensare’, in Saggi e Discorsi, a cura di Gianni Vattimo (Milano: Mursia, 1991), pp. 96–108; e ‘… Poeticamente abita l’uomo … ’, in Saggi e Discorsi, pp. 125–38.

¹¹ Heidegger, ‘Costruire abitare pensare’, pp. 97–98.

¹² Ibid.

¹³ Ibid., pp. 104–05.

¹⁴ Marco Lodoli e Merisio Pepi, Quasi in lieto giardino (Roma: Ecra, 2010), p. 16.

¹⁵ Ibid., p. 16.

¹⁶ Heidegger, ‘ … Poeticamente abita l’uomo … ’, p. 126.

¹⁷ Ibid., p. 131.

¹⁸ Ibid., p. 137. La citazione è tratta dal v.1 della poesia ‘La veduta’ di Hölderlin.

¹⁹ Fabio Magro, Un luogo della verità umana: la poesia di Giovanni Raboni (Udine: Campanotto, 2008), p. 41.

²⁰ Eugenio Montale, ‘Poesia Inclusiva’, in Eugenio Montale, Il secondo mestiere: prose 1920–1979, a cura di Giorgio Zampa (Milano: Mondadori, 1996), pp. 2631–33 (p. 2631).

²¹ Mazzoni, p. 264.

²² Chella, p. 244, da cui si cita.

²³ Raboni, L’opera poetica, p. 1420.

²⁴ Carlo Betocchi, ‘Il più milanese’, Questo e altro, 2 (1963), p. 116.

²⁵ Chella, p. 253.

²⁶ Raboni, L’opera poetica, p. 1426.

²⁷ Raboni, L’opera poetica, p. 1420.

²⁸ Maurizio Cucchi, ‘Giovanni Raboni’, Belfagor, 32 (1977), pp. 523–42.

²⁹ Enrico Testa, Il libro di poesia: tipologie e analisi macrotestuali (Genova: Il Melangolo, 1983), p. 45.

³⁰ Per la scelta dell’aggettivo ‘fragili’, riferito a luoghi, si prende spunto da Antonella Tarpino, Il paesaggio fragile (Torino: Einaudi, 2016).

³¹ Giovanni Raboni, ‘Tradurre Baudelaire’, Rinascita, 48 (1973), p. 28.

³² Per una completa analisi del rapporto tra flânerie e poesia – in particolare di Baudelaire – si rimanda allo studio di Walter Benjamin, The Flâneur, in Charles Baudelaire: A Lyric Poet in the Era of High Capitalism (New York: Verso, 1997), pp. 35–66.

³³ Raboni, L’opera poetica, p. 1423.

³⁴ Raboni, L’opera poetica, pp. 213–14.

³⁵ Giovanni Raboni, Raboni Manzoni (Roma: Il Ventaglio, 1985), p. 18.

³⁶ Raboni, L’opera poetica, p. 1428.

³⁷ Mazzoni, p. 261.

³⁸ Chella, p. 290.

³⁹ Enrico Minardi, ‘Giovanni Raboni e Milano: l’avvenimento di una poesia’, Quaderni del 900, 9 (2010), pp. 71–86 (p. 71).

⁴⁰ Minardi, p. 74.

⁴¹ Raboni, L’opera poetica, p. 1432.

⁴² Heidegger, ‘Costruire abitare pensare’, p. 108.

⁴³ https://www.treccani.it/vocabolario/risanamento/ [consultato il 2 aprile 2023].

⁴⁴ Rodolfo Zucco, in Raboni, L’opera poetica, pp. 1434–35.

⁴⁵ Nel sesto capitolo della Colonna si legge: ‘Se sa dove sia la Vetra de’ Cittadini e l’osteria de’ sei ladri: era lì che il Mora aveva detto essere venuto il Padilla, condotto da don Pietro di Saragozza, a fargli la proposta d’avvelenar Milano’. Si fa riferimento alla Storia della colonna infame, Torino: Einaudi, 2000, p. 100.

⁴⁶ Michel De Certeau, ‘Walking in the City’, in The Practice of Everyday Life (Berkeley: University of California Press, 1984), pp. 91–110 (p. 108).

⁴⁷ Ibid., p. 108.

⁴⁸ Ibid., p. 99.

⁴⁹ Certeau, p. 101.

⁵⁰ Heidegger, ‘Costruire abitare pensare’, p. 103.

⁵¹ Per Heimat si intende la dimora, un luogo dove l’essere umano è in comunione con l’ambiente circostante. Heidegger riprende questo concetto della lingua tedesca e sviluppa il concetto di Heimatlosigkeit, a indicare lo spaesamento proprio dell’uomo contemporaneo. In tal senso, il ritrovamento dell’Heimat, nel pensiero heideggeriano, è centrale nel ritrovamento di se stessi.

⁵² Giovanni Raboni, ‘Pantheon: le ragioni della vita’, RAI Nettuno SAT 1, 4 gennaio 2004 https://www.uninettuno.tv/Video.aspx?v=852 [consultato il 21 gennaio 2023]. La trascrizione è dell’autore dell’articolo.

⁵³ Vedi gli studi già citati di Cucchi e Minardi.

⁵⁴ Heidegger, ‘Costruire abitare pensare’, pp. 102–03.

⁵⁵ Serenella Iovino, Ecocriticism and Italy: Ecology, Resistance, and Liberation (London: Bloomsbury, 2016), p. 4, da cui provengono le citazioni.

⁵⁶ Vedi nota 42.

⁵⁷ Magro, p. 109.

⁵⁸ Heidegger, L’abbandono (Genova: Il Melangolo, 1983), p. 37. Traduzione e note di Adriano Fabris.

⁵⁹ Raboni, L’opera poetica, p. 45.

⁶⁰ Raboni, L’opera poetica, pp. 1442–43.

⁶¹ Raboni, L’opera poetica, p. 1444.

⁶² Ibid.

⁶³ Ibid.

⁶⁴ Minardi, p. 83.

⁶⁵ Raboni, L’opera poetica, p. 1452.

⁶⁶ Raboni, L’opera poetica, p. 1453.

⁶⁷ Giovanni Viola citato da Rodolfo Zucco, in Raboni, L’opera poetica, p. 1453.

⁶⁸ Così Rodolfo Zucco definisce cinque poesie dell’ultima sezione della raccolta caratterizzate dalla violenza tra gli individui descritti. Zucco, in Raboni, L’opera poetica, p. 1456.

⁶⁹ Raboni, L’opera poetica, p. 1456.

⁷⁰ Heidegger, ‘ … Poeticamente abita l’uomo … ’, pp. 132–35. Corsivi nel testo originale.

⁷¹ Ibid., p. 137.

⁷² Vedi nota 21.

⁷³ Sul concetto di ‘ancora-parola’, si veda Chella, p. 290.

⁷⁴ Raboni, L’opera poetica, p. 1426.